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Posts Tagged ‘crescita’

Tratto da il sussidiario.net

di Paola Liberace

(URL=http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=33672)

In guerra e in amore, si dice, tutto è permesso. E così, nella guerra contro il digitale terrestre e la nuova piattaforma satellitare Tivu Sat, Sky ha pensato bene di giocare il tutto per tutto, rivolgendosi per la prima volta nel nostro paese direttamente al pubblico dei giovanissimi. No, non i bambini, ma i neonati: Baby TV, il canale nato in Inghilterra nel 2005, e già diffuso in numerosi altri paesi nel mondo, si rivolge infatti agli infanti da 0 a 3 anni. La notizia non poteva che scatenare reazioni critiche da parte dei movimenti di difesa dei minori, in particolare di quelli più diffidenti verso il piccolo schermo: i bambini sotto i trentasei mesi, sostiene il Moige, rischiano sia dal punto di vista della crescita fisica sia di quella psicologica. Il timore di fondo resta quello del “parcheggio” dei più piccoli di fronte al televisore: non a caso, la difesa d’ufficio da parte di Fox, del cui bouquet Baby TV fa parte, mira a scongiurare l’obiezione sempre attuale della “baby sitter” catodica, e assicura che il nuovo canale va inteso piuttosto come una nuova occasione di interazione tra genitori e figli.

Difficile crederlo: ma non certo per via delle malefiche arti incantatorie della televisione, del suo potere ipnotico, della sua irresistibile malìa. Il pericolo, come sempre, non sta negli strumenti, ma nell’uso – o abuso – che se ne fa: e che decide del loro essere, di volta in volta, utili sostegni, svaghi innocenti, aiuti all’educazione, o puri e semplici sostituti di una funzione genitoriale assente. Così il piccolo schermo non è il primo e non sarà l’ultimo, né il più dannoso, dei “parcheggi” cui vengono ogni giorno affidati i nostri bambini, in particolare quelli sotto i trentasei mesi: alle cui esigenze specifiche, TV a parte, viene di solito dedicata un’attenzione pressoché nulla, surclassata dalle istanze della parità e della produttività. È in nome dell’una e dell’altra che i bambini oggi devono rinunciare ad essere allevati da madri e padri in questa delicata fase del loro primo sviluppo; e nell’impossibilità di trascorrere più di qualche decina di minuti al giorno con i loro genitori, sono rimbalzati da nonni a tate, da asili nido a ludoteche. Il tutto, stranamente (o forse no) senza che alcuno protesti: anzi, per lo più, nella generale invocazione affinché i cosiddetti servizi di assistenza all’infanzia amplino i loro orari e tempi di apertura, e vengano incrementati, possibilmente a spese dello Stato.

Troppo facile prendersela con la TV. Grazie anche all’impegno delle associazioni che, negli anni, hanno esercitato una costante vigilanza sul consumo di media da parte dei minori, la televisione rappresenta sempre meno uno spauracchio per i bambini: che rispetto a qualche anno fa possono ora contare su programmazioni dedicate, senza infiltrazioni di violenza dal mondo adulto e depurate di spot. Così, il nuovo canale di Sky sarà realizzato sotto la direzione di esperti e psicologi, e trasmesso completamente privo di pubblicità. Ma chi vigilerà invece su quei lattanti che, affidati a baby sitter in carne e ossa, vengono trascinati per giorni nei loro passeggini in solitarie perlustrazioni dalla tata che non rivolge loro una parola? Chi sorveglierà invece quei neonati che, iscritti pure al migliore degli asili nido, passano a sei mesi o poco più dal costante, vitale contatto con la madre a una separazione che dura otto o dieci ore al giorno, in attesa di una mezz’ora serale che, in nome del “tempo di qualità”, tenti di riscattare tanta lontananza? E a proposito di ripercussioni sulla crescita fisica e psicologica della prima infanzia, chi si preoccuperà di denunciare i documentati danni che derivano dalla separazione prolungata dei neonati dai loro genitori fin dai primi mesi di vita, divenuta ormai lo standard nella nostra civiltà efficientista, egualitarista, e profondamente sterile?

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Sapete – proseguì – che i libri hanno un po’ l’odore della noce moscata o di certe spezie d’origine esotica? Amavo annusarli, da ragazzo. Signore, quanti bei libri c’erano al mondo un tempo, prima che noi vi rinunciassimo! ”

(Ray Bradbury, scrittore -Fahrenheit 451-)

Nel mondo di oggi, dove i mass-media sono l’espressione più esplicita e al tempo stesso la prosecuzione dell’ormai tumultuosa vita frenetica, il libro, per le sue peculiari caratteristiche, può essere considerato a tutti gli effetti quello che Ruskin aveva considerato uno “scrigno regale”.

La lettura «attività che impegna tutta la vita psichica»1 (di testi qualitativamente validi) struttura e potenzia le facoltà logiche, arricchisce il patrimonio linguistico, rinforza l’autonomia di giudizio e ancora, educa il senso estetico, alimenta la fantasia, sviluppa l’immaginazione.

Da questi presupposti, fondamentale sarà il compito dell’adulto, che dovrà creare situazioni idonee affinché il bambino possa entrare in contatto con il libro fin da piccolissimo.

Se è vero che un contatto precoce con il libro può aiutare notevolmente il bambino nel momento in cui si appresta a imparare a leggere e a scrivere, è anche vero che solamente attraverso un’educazione graduale e tempestiva, lo si può portare ad amare il libro, semplicemente per il gusto e il piacere che ne può trarre utilizzandolo.

I primi libri

Il bambino, ancora piccolissimo, deve avere la possibilità di toccare, guardare, assaggiare, manipolare, “leggere”.

I primi libri saranno quindi resistenti (cartonati, ma anche di stoffa o materiale facilmente lavabile) considerando gli usi che il bambino andrà a farne.

Gli album e libri-gioco, ricchi di immagini (il testo ridotto al necessario, o addirittura inesistente) sono linguisticamente arricchenti, attraverso attività come l’osservare le figure, cogliere le analogie, fare confronti, mediante un dialogo con l’adulto affettivamente gratificante.

Nei primi libri, ma anche in quelli che il bambino utilizzerà successivamente, un ruolo rilevante spetta all’illustrazione che oltre a chiarire ed arricchire quanto scritto, favorisce la memorizzazione di parti del testo, dei personaggi e di alcuni episodi, educa all’estetica, stimola l’intelligenza, sviluppa la fantasia, incoraggia l’osservazione.

Me lo leggi?”

Nel racconto orale “faccia a faccia” e nella lettura per procura (ad alta voce) l’adulto (figura significativa e per questo non paragonabile né sostituibile dalla narrazione audiovisiva) ha il compito di fungere da intermediario tra il bambino e il libro.

L’interesse per il linguaggio parlato, la sua musicalità, il suo ritmo si rintraccia già addirittura nel periodo prenatale «sulla base della scoperta della sensibilità del feto ai suoni, alle intonazioni delle voci esterne […]»2.

Il libro acquista pertanto valenze cariche affettivamente, legate a ricordi e stimolazioni piacevoli; il bambino chiederà il libro per “leggere” autonomamente o ne chiederà la lettura da parte dell’adulto.

Molto spesso il bambino chiede all’adulto la lettura dello stesso libro per più e più volte, questo perché ne sente l’esigenza, «verrà il momento in cui il bambino avrà ricavato tutto quello che può dalla sua storia preferita, o i problemi che l’hanno reso recettivo ad essa saranno soppiantati da altri, meglio espressi da qualche altra fiaba»3.

In questo particolare contesto rivestono una notevole importanza quelli che sono definiti “libri emozionali”, nei quali l’aspetto emotivo è fortemente presente.

Attraverso le emozioni il bambino possiede uno strumento per l’esplorazione del mondo, reale o fantastico che sia.

In questi libri si incontrano sentimenti come la paura, la rabbia, il terrore, l’ansia di abbandono, la gioia, la tenerezza, il conforto,…inseriti in un contesto quotidiano, quello stesso quotidiano che fa parte della vita di ogni bambino.

Il bambino avrà la possibilità di confrontarsi, di mettersi alla prova, di avvertire i propri limiti e di captare le alternative e le opportunità.

Un altro importante strumento di aiuto per i naturali conflitti che il bambino vive è sicuramente la fiaba. (In questo contesto è presa in considerazione esclusivamente la fiaba, nel senso stretto del termine; non si fa per tanto riferimento alle favole, le quali ricorrendo all’allegoria e alla satira sono difficilmente proponibili a bambini sotto i 6-7 anni).

Essendo educativa, terapeutica ed esortativa arriva ad influenzare positivamente lo sviluppo globale della personalità.

La fiaba porta il bambino a prendere contatto con il mondo, consentendogli un impatto non traumatico dovuto al contesto psicologico rassicurante su cui è fondata (quello che non avviene invece con la televisione).

Il bambino, entrando nel mondo del meraviglioso, nel sogno ad occhi aperti risponde a pressioni inconsce che devono essere “portate alla luce”. Questo è possibile attraverso l’immaginazione che fungendo da intermediario aiuta a far affiorare alla coscienza questo contenuto inconscio.

La fiaba avvia ad una prima definizione dei concetti di bene e male, che all’interno del racconto sono nettamente distinti.

Contrariamente a quanto succede nella realtà, dove esistono le sfumature, nella fiaba un personaggio è buono o è cattivo. Questo permette al bambino di capire facilmente la differenza, identificandosi spesso con il personaggio che suscita simpatia (il buono), decidendo così di essere buono a sua volta.

Ciononostante più che di una scelta etica (“Voglio essere buono”) si tratta innanzitutto di una scelta esistenziale (“Chi voglio essere?”).

La fiaba innesca nel bambino meccanismi di identificazione e proiezione verso personaggi che tra l’altro hanno nomi generici (un re, una regina, la strega, l’orco,…) anche per facilitare questi meccanismi.

La pluralità dei personaggi consente al bambino di identificarsi con uno, prendere come modello un secondo, trarre soddisfazione da un terzo; tutto questo a seconda del suo bisogno in quel determinato momento.

Infine la fiaba porta il bambino ad esorcizzare la paura che, come ogni emozione, ha un proprio significato legato al processo di crescita. Per questo motivo è importante identificarla e comprenderla, piuttosto che contrastarla o rifiutarla.

Anche la paura, come le altre emozioni, consente al bambino di crescere, rafforzando la sua autostima.

Alcune fiabe sono state riproposte in versione filmica o televisiva, ma rimanendo fini a sé stesse, modificano notevolmente sia il significato che gli effetti delle “fiabe originali”.

Questo avviene perché vi è un’esplicitazione visiva che distrugge l’immaginazione del bambino.

Presentando un prodotto già preconfezionato viene disturbato il processo elaborativo (analizzato sopra) attuato dal bambino.

Un processo che può essere realizzato non attraverso la visione di un dvd ma nella lettura, dove esiste uno spazio e un tempo di ascolto e auto-ascolto, che favorisce la riflessione e l’introspezione, intervenendo tra l’altro nella formazione di immagini mentali.

Per questo la lettura, da parte dell’adulto, deve essere lenta e chiara.

Inoltre, l’adulto deve tenere in considerazione la qualità della voce e allo stesso tempo dar vita ad un contatto visivo costante con il bambino.

Per ultimo, ma non per questo meno importante, la lettura deve essere un momento di piacere sia per il bambino che ascolta, ma anche per l’adulto che legge.

Sono per tanto da evitare tutte quelle situazioni nelle quali la lettura diventa sinonimo di costrizione e di obbligo, che porterebbero soltanto effetti controproducenti.

Una piccola riflessione

Esiste una vasta produzione di lavori che trattano in maniera approfondita ed esauriente il tema della letteratura per l’infanzia e i suoi generi letterari (come le filastrocche e le poesie che qui non ho menzionato).

Ho cercato di cogliere e segnalare alcuni dei punti che ritenevo significativi ed idonei, soprattutto per come ho impostato il tema del libro, concepito come alternativa alla televisione.

Il mio intento nello scrivere è stato quello di far riflettere nel considerare il libro (per i benefici che porta in sé) non qualcosa di superfluo ed antiquato, paragonato alle invenzioni super-tecnologiche che possiamo vedere tutti i giorni, ma al contrario una reale possibilità attraverso la quale il bambino possa pensare con la propria testa e sognare con il proprio cuore, cosa che avviene oggigiorno sempre più raramente.

L’adulto può fare al bambino un grande dono mettendogli nelle mani uno “scrigno regale”, dono che assume valenze ancora più vaste se l’adulto ricorderà doverosamente che «l’indifferenza verso i libri, la non lettura [è] delitto [che] una persona paga per tutta la sua vita; e se il delitto è commesso da una nazione intera, esso lo paga con la sua storia»4

1 G. Giugni, Pedagogia della lettura, SEI, Torino 1969, p. 58

2 A. M. Bernardinis, Itinerari, Fabbri, Milano 1976, p. 23

3 B. Bettelheim, Il mondo incantato, Felrinelli, Milano 1977, pp 22-23

4 J. Brodskij, Dall’esilio, Adelphi, Milano 1988, p. 53

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