In seguito alle trasformazioni del contesto socio-culturale, dagli anni ’60, si è andato modificando la visione tradizionale della famiglia e con essa il ruolo assunto dal padre.
Se prima vi era, generalmente, un mantenimento dell’asimmetria dei ruoli, con gli anni si è assistito ad una ridefinizione del ruolo paterno in termini di “regista invisibile” .
A partire dagli anni ’80, le ricerche empiriche hanno sottolineato l’importanza della relazione tra il padre e il proprio figlio, relazione che si struttura fin dalla nascita del bambino in modo parallelo a quella che si crea con la madre.
Si sostiene, ad esempio, che la figura paterna influenzi lo sviluppo fetale: la stessa vibrazione della voce maschile favorisce lo sviluppo di organi che vengono stimolati in modo minore dalla voce della mamma.
Altri studi evidenziano come il neonato riesca a stabilire legami di attaccamento con il padre, il quale dimostra di possedere sensibilità e ricettività per occuparsi di lui.
Il padre è fondamentale nell’offrire un’alternativa alle funzioni di rispecchiamento che la madre esercita sul proprio figlio. Un padre poco presente o distante a livello emotivo può incrementare il rischio di una dipendenza simbiotica tra madre e figlio che può perdurare nel tempo rendendo ancora più arduo il processo di autonomia del bambino.
La madre e il padre offrono differenti stimoli e occasioni, la presenza e il coinvolgimento paterno permettono al figlio di assistere non solo alla cooperazione tra i genitori, ma anche a momenti di confronto e scambio di idee, momenti che possono “tornare utili” nello sviluppo delle sue capacità relazionali.
In merito a quanto detto fin’ora, tuttavia, è bene sottolineare che la ridefinizione del ruolo paterno (e i suoi evidenti elementi positivi) tende a scontrarsi con un passato il più delle volte ridotto a stereotipo dove il padre era quello autoritario, emotivamente distante o fisicamente assente.
L’immagine del padre di oggi molto spesso fa fatica a tradursi in un cambiamento concreto, ben visibile su larga scala. (In un’indagine condotta sui padri e i loro figli, condotta nel 2002, i papà italiani occupavano l’ultimo posto in Europa).
Inoltre, la ridefinizione del ruolo paterno, non coincide ancora con un uguale impegno e responsabilità nella cura e nell’educazione del proprio figlio, come al contrario avviene con la madre.
Si pensi ad esempio al congedo parentale, un’opportunità usufruita da un numero molto ristretto di padri. (Dati Istat e Osservatorio Nazionale sulla Famiglia ).
La positività di questo nuovo padre (almeno idealmente) non ha nulla a che vedere con quello che è diventato nell’immaginario il “mammo” .
Non si chiede assolutamente al padre di diventare un’imitazione o una sostituzione della madre ma di alternarsi a questa, partecipando alle cure del figlio e alla sua educazione, in un modo differente ma ugualmente necessario.