Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘gioco’

La parità di diritti con l’uomo, la parità salariale, l’accesso a tutte le carriere sono obiettivi sacrosanti e, almeno sulla carta, sono già stati offerti alle donne nel momento in cui l’uomo l’ha giudicato conveniente. Resteranno però inaccessibili alla maggior parte di loro finché non saranno modificate le strutture psicologiche che impediscono alle donne di desiderare fortemente di farli propri, sono queste strutture psicologiche che portano la persona di sesso femminile a vivere con senso di colpa ogni suo tentativo di inserirsi nel mondo produttivo, a sentirsi fallita come donna se vi aderisce e a sentirsi fallita come individuo se invece sceglie di realizzarsi come donna”.

Elena Gianini Belotti –Dalla parte delle bambine-

Gli stereotipi e i pregiudizi, ancora così attuali nella nostra società, si riflettono anche nella differenziazione tra giocattoli destinati ai bambini e quelli invece destinati alle bambine.

L’organizzazione dei reparti di giocattoli cerca di mantenere questa differenza, capita, ad esempio, molto spesso di vedere i reparti destinati ai giocattoli per bambini fisicamente separati da quelli per le bambine.

Alle bambine sono proposte bambole e bambolotti, cucinette con tutto il necessario, ai bambini sono proposte costruzioni, mezzi di trasporto (aerei, trenini, automobili) armi di ogni genere.

I genitori comprando un giocattolo hanno la percezione di fare scelte apparentemente ampie, in realtà sono assai limitate. Ad esempio l’oggetto caro che la bambina si porterà a letto sarà una bambolina, al bambino gli si darà un animale di pezza o comunque un bambolotto (purché sia senza equivoci identificabile al sesso maschile). Stesso discorso vale per le costruzioni, anche queste ormai diversificate, se si tratta di costruzioni destinate ad un bambino o ad una bambina (oggi in commercio si trovano costruzioni destinate alle bambine per costruire la propria casetta e tutto il necessario per l’arredamento).

E’ bene ricordare però che, molto spesso, nella scelta dei giocattoli (almeno nei primi anni di vita del bambino) non c’è la possibilità di muoversi con spontaneità, i nostri pensieri rimangono stereotipati, copiati dall’esterno, fortemente legati a scelte influenzate (in primis dai produttori di giocattoli) incapaci sul piano pratico di esprimere decisioni più prettamente libere ed individuali.

Il gioco con le bambole: un esempio di possibilità per bambine e bambini

Molti genitori pensano che il gioco con le bambole non sia adatto per i maschietti, questo purtroppo impedisce la possibilità di affrontare a livello simbolico le frustrazioni e le difficoltà che (anche) i maschietti vivono quotidianamente; il gioco è sì ancorato al presente, si prolunga in direzione del futuro, ma riassume e cerca di risolvere anche i problemi del passato.

Se si dà la libertà di giocare con le bambole , bambine e bambini senza distinzione usano con grandi benefici le bambole per elaborare e gestire problemi irrisolti (ad esempio la nascita di un fratellino, la rivalità fraterna), per rivivere esperienze del proprio passato rimettendole in scena in mille modi diversi (ad esempio l’esperienza di essere cullati, lavati, curati che sono esperienze che hanno vissuto indistintamente bambini e bambine).

Se per i bambini accudire i bambini non assumerà nel loro futuro un ruolo centrale tuttavia potrà rappresentare un momento comunque importante della loro esperienza di padri.

Molti genitori, sopratutto i papà, sostengono che giocare con le bambole sia poco virile e sia un gioco adatto esclusivamente alle bambine. Ma questo non ha nessun fondamento, basta infatti osservare il modo in cui i bambini ci giocano, che è molto diverso da come ci giocano le bambine (più manipolatorio e “aggressivo”).

Per i bambini l’interesse per le bambole si esaurisce molto prima che nelle bambine, assumendo un significato diverso, ma questo non può diventare l’attenuante per non offrire anche ad un bambino tutte quelle possibilità che può ricavare giocando con le bambole.

Read Full Post »

La televisione non potrà reggere il mercato per più di sei mesi. La gente si stancherà subito di passare le serate a guardare dentro una scatola di legno”.

(Darryl F.Zanuk, direttore della 20th Century Fox – 1946)

2009. Una, due, tre televisioni in una casa. Il “tubo catodico” lontano ormai da essere semplicemente un normale elettrodomestico, ha raggiunto livelli di design e tecnologia impensabili fino a qualche decennio fa. Cosicché oggi lo si vede padroneggiare nel salotto di casa (e non solo), diventando un formidabile oggetto di arredo.

Tuttavia la sua onnipresenza nella vita quotidiana di ognuno non implica la garanzia che un oggetto come questo sia a priori un prodotto utile, o quanto meno , innocuo per noi e per i bambini.

Fondamentale deve essere la conoscenza del mezzo-televisione, gli eventuali e possibili danni che può comportare, riflettendo di conseguenza sull’uso che noi adulti vogliamo farne, che si traduce poi, inevitabilmente, nei comportamenti che assumeremo di fronte ai bambini.

Perchè la tv piace tanto ai bambini?

Capita raramente, che un bambino, anche piccolissimo, non sia attratto dalla “scatola magica”.

Questo non deve stupire. I programmi pensati per i più piccoli, (si pensi ad esempio a Sky) sono creati e costruiti a tavolino da una schiera di psicologi, sociologi, esperti della comunicazione, che conoscono nei minimi dettagli i bambini e il loro inconscio. (Lo stesso lavoro viene svolto nel campo della pubblicità).

Le strategie utilizzate sono sotto gli occhi di tutti. Programmi e cartoni che durano solo qualche minuto: la soglia di attenzione nel bambino piccolo è bassa, che ripetono parole o canzoncine fino allo svenimento: il rituale è fonte di rassicurazione per il bambino (si pensi ad esempio agli ormai famosi Teletubbies ).

Si ricordi che uno dei principali metodi di apprendimento e/o condizionamento è la ripetizione continua di un messaggio o di una frase (ndr Pavlov).

Attratti anche dai grossi guadagni, gli psicologi studiano programmi che portano il bambino ad essere catturato dal “tubo catodico” subendone passivamente il fascino. Immagini colorate, in continuo movimento, effetti visivi speciali, musiche accattivanti che, rispondendo anche al bisogno di concretezza visiva del bambino, fanno sembrare reale qualcosa che invece è artificiale e costruito con precisa intenzionalità.

Lo schermo cattura l’attenzione, il bambino rimane incollato alla televisione, come imbambolato, anche se è caduto l’interesse per quello che sta vedendo, più a lungo guarda lo schermo, maggiori sono le probabilità che continui a farlo (attentional inertia).

Quindi non stupitevi della reazione che il vostro bambino avrà guardando questi programmi, e soprattutto non siatene soddisfatti: semplicemente la televisione ha svolto il suo compito.

Crescendo le cose si complicano. Il bambino poco più “grande” ha facilmente accesso alla tv. A livello pratico la fruizione del mezzo televisivo non necessità di un lungo tirocinio: basta premere il pulsante dell’accensione e iniziare a schiacciare i tasti del telecomando!

Il bambino, ancora in via di sviluppo, non possiede né gli strumenti, né i mezzi adeguati per decodificare i messaggi che vengono trasmessi (si pensi alla violenza, ma non solo), catapultato in un mondo dove i confini tra il mondo infantile e adulto sono resi incerti e sfumati.1

Alcuni effetti della tv sul bambino

Quando parlo di violenza, non mi riferisco necessariamente a film o telefilm ad alto contenuto di aggressività e crudeltà, ma anche al semplice telegiornale. Il bambino di oggi ininterrottamente bombardato di notizie, il più delle volte tragiche e brutali, è chiamato indirettamente a partecipare a tutti i drammi che si compiono nel mondo.

Tra l’altro, non è un caso che le notizie tragiche dei telegiornali, vengano trasmesse anche all’ora dei pasti.

Il bambino, (ma anche l’adulto), si ritrova così ad assimilare ed ingoiare non solo il cibo, ma anche queste notizie che andranno ad insediarsi e a lavorare inevitabilmente nell’inconscio. Se consideriamo che i danni provocati dalla violenza, sia questa visiva o diretta, sono proporzionali al livello di coscienza (livello evolutivo) di chi la subisce, per un bambino che sta ancora crescendo la visioni di queste immagini sono destabilizzanti.2

Il bambino è costretto a vivere un continuo disagio emotivo, «un diffuso senso della precarietà dell’equilibrio generale e della sicurezza collettiva e personale»3, impotente di fronte alla visione e all’ascolto di queste notizie è posto davanti ad una realtà “più grande di lui”.

Questo non significa fare vivere il bambino sotto la campana di vetro, ma credo che sia doveroso preservarlo da quelle esperienze, traumatiche e troppo precoci, che riguardano il mondo adulto.

Il fattore per eccellenza dell’obesità infantile è la televisione (fatta esclusione dei casi particolari come le anomalie metaboliche), conseguenza di sedentarietà e consumo non consapevole.

Uno studio americano (in America l’obesità infantile ha raggiunto indici allarmanti) ha dimostrato la relazione tra le ore passate davanti alla tv e l’aumento del peso.

In Italia non navighiamo in acque migliori. I bambini fanno poca attività fisica, quasi la metà abusa della televisione e videogiochi. Un bambino su tre tra i 6 e gli 11 anni pesa troppo. Il 12,3 dei bambini è obeso, il 23 in sovrappeso4.

Davanti alla televisione, il bambino assume una posizione statica (da imbambolato), non c’è movimento a differenza di un qualsiasi gioco, all’aperto e non, inoltre davanti alla televisione i bambini consumano sempre qualcosa, che si tratti di una caramella o di una merendina, il più delle volte l’assunzione diventa poco consapevole.

Guardando la televisione il bambino, fisicamente passivo, utilizza notevolmente la vista, a discapito degli altri sensi.

Nel fissare lo schermo la messa a fuoco è bloccata, in quanto la distanza tra il bambino e lo schermo è sempre la stessa, si riscontra perciò un’assenza dell’allenamento del muscolo oculare con la conseguenza di una possibile miopia in età molto precoce; infatti capita spesso di vedere bambini ancora molto piccoli che già portano gli occhiali5.

Inoltre l’esposizione alla luce della televisione provoca un calo della melatonina (una molecola che, tra le varie funzioni che svolge, regola quasi tutti gli ormoni).

Si presume che tra i fattori che hanno portato negli ultimi quarant’anni ad anticipare lo sviluppo sessuale ci sia proprio il calo della produzione della melatonina6.

Ricerche scientifiche hanno dimostrato come l’esposizione e l’utilizzo della tv nei primi 3 anni di vita interferisca sullo sviluppo del linguaggio. Tra l’altro nel bambino televisivo quello che può essere considerato un linguaggio più elaborato e ricco lessicalmente, non comporterebbe strutture cognitive più complesse, ma solo acquisizioni superficiali e provvisorie.

Si parla poi di “sindrome da rientro” che si manifesta nel bambino con nervosismo, aggressività dopo una prolungata esposizione al mezzo televisivo.

Per ultimo, ma per questo non meno importante, il bambino d’oggi vive in un rumore perpetuo mass-mediologico, in un contesto dove si riscontra la perdita del valore pedagogico del silenzio.

Il silenzio come desiderio, esigenza profonda del bambino, vero e proprio bisogno primario. (Montessori).

Il silenzio incoraggia la presa di contatto con la propria interiorità, favorendo il “sapersi ascoltare”.

Considerando quanto detto fin’ora, non credo di certo che un bambino piccolo che guarda un cartone animato in televisione dopo pochi anni diventi necessariamente obeso, miope, violento, irrequieto, poco creativo e fantasioso e via discorrendo. Tuttavia invece credo che l’adulto abbia il dovere di conoscere e capire che la televisione può essere (è) pericolosa.

Fondamentale è sì il buon senso, ma mi chiedo, noi adulti possediamo i mezzi necessari per capire quando è bene spegnere la televisione? Non farà “male” far vedere 10 minuti di televisione al giorno, ma se il giorno dopo il programma preferito di vostro figlio dura 10 minuti in più? Che si fa? Spegniamo categoricamente la televisione allo scattare di quei 10 minuti che ci eravamo prefissati in precedenza? Siamo in grado di essere così perentori? Abbiamo il tempo, la voglia, la forza di fare tutto questo?

Molte volte si crede che i problemi relativi all’uso (e abuso) della televisione gli abbiamo sempre e solo i bambini di qualcun’ altro. Bambini che stanno incollati 4 ore al giorno davanti alla tv.

Ma se calcoliamo che a un anno un bambino vede la televisione 10 minuti al giorno (il tempo per una puntata di un cartone), a due anni tre-quattro puntate, verso i quattro anni un dvd intero più i telegiornali (che i genitori vogliono vedere), arriviamo senza problemi a 4 ore di visione giornaliera per un bambino di 7-8 anni. Certo, sono solo ipotesi, ma senza volerlo tutti noi cadiamo in un circolo vizioso, dal quale difficilmente se ne esce.

Guardare la tv è una perdita di tempo, il bambino ha la possibilità di vivere svariate esperienze, grandi opportunità che, a differenza di una “scatola di legno”, favoriscono il suo benessere psico-fisico.

Una valida alternativa: un buon libro!

1 Postam, La scomparsa dell’infanzia, Armando, Roma 1984

2 Cfr. Marcello Pamio, Manifesto contro la televisione, Il Nuovo Mondo edizioni, Padova 2004, pag. 48-49

3 A.Franchini – F. Introna, Delinquenza minorile, CEDAM, Padova 1972

4 Spinelli A, Lamberti A, Baglio G, Andreozzi S, Galeone D (Ed.). OKkio alla SALUTE: sistema di sorveglianza su alimentazione e

attività fisica nei bambini della scuola primaria. Risultati 2008. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2009. (Rapporti ISTISAN 09/24).

5 Cfr. Marcello Pamio, Manifesto contro la televisione, op cit. , pag,. 45-46

6 Idem, pag. 38-39

Read Full Post »