Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘autonomia’

Qualche giornalista italiano ironizza sulla proposta presentata, in Gran Bretagna, dal parlamentare laburista, Graham Allen, di iniziare la preparazione scolastica dei ragazzi fin dall’asilo nido.
Secondo il parlamentare, gli asili nido rientrano nella scuola dell’obbligo “perché lo sviluppo educativo inizia con il parto, non 5 anni più tardi”, quando i bambini iniziano a frequentare le scuole.
A differenza dei giornalisti italiani, non ironizziamo su questa proposta che scopre una realtà che, viceversa, abbiamo sempre affermato, non circoscritta all’apprendimento dell’alfabeto e del far di conto da parte dei piccolissimi, sulla necessità di considerare gli asili nido come scuole a tutti gli effetti, e non parcheggi per bambini le cui madri lavorano o hanno altri impegni che non accudirli.
Una scuola che inizia con la nascita del bambino non è una fantasia, è una realtà viva e concreta perché cosa fanno di diverso gli adulti che accudiscono un bambino in tenerissima età, se non insegnarli, con la necessaria gradualità, i primi rudimenti del vivere in società.
Il bambino, fin dal primo vagito, è un essere pensante, che osserva quanto lo circonda, che apprende a riconoscere chi gli è vicino, che via via allarga il suo campo di osservazione fino a comprendere anche il modo di vivere insieme agli altri, a riconoscere gli oggetti, ad apprendere il loro diverso utilizzo, e così via.
Per il vero, quando un bambino inizia a parlare potrebbe, non solo teoricamente, apprendere a scrivere e a far di conto, perché ne ha la capacità solo che si trovino adulti capaci di condurre bambini di un anno o poco più sulla via dell’istruzione scolastica di base.
Quanti vantaggi potrebbero esserci per i bambini se, divertendosi, potrebbero apprendere a descrivere e a scrivere gli oggetti che sono sotto i loro occhi, a dare un nome non solo orale ai genitori, ai parenti, ai loro amichetti, stimolando la loro curiosità
Ci sono scimpanzè e perfino cani in grado di individuare le lettere dell’alfabeto e, i primi, perfino a comporre parole complete. Perché mai non dovrebbero essere capaci di farlo bambini da un anno in su?
A parte questo, interessa il principio del riconoscimento dell’asilo nido come prima scuola dell’obbligo, dove tutti i bambini dovrebbero essere portati a spese dello Stato, perché apprendano i rudimenti essenziali del vivere civile.
La pretesa che le educatrici dell’asilo nido siano, per convenzione, considerate alla stregua di bambinaie specializzate deve finire perché non è vero.
Le educatrici degli asili nido assolvono un compito che spesso le vede educare i bambini a loro affidati e, contestualmente, impartire ai loro genitori nozioni utili sul come crescerli.
E’ all’asilo nido, se le educatrici sono all’altezza del loro compito, che i bambini iniziano a socializzare con i loro simili e con persone estranee al loro ambito familiare.
E’ sempre all’asilo nido che iniziano ad acquisire autonomia, a mangiare in modo corretto, ad agire con criterio e con una certa disciplina basata sull’affetto delle educatrici e sull’emulazione dei comportamenti.
Non è, quindi, fuori luogo considerare anche la possibilità di insegnare ai bambini nell’asilo nido a riconoscere le lettere e a comporre le prime semplici parole, come “mamma, papà, cane, ecc.” in modo che si appassionino allo “scrivere” e al leggere andando avanti, con la necessaria gradualità, fino a giungere all’età di cinque anni con la capacità di leggere, scrivere e far di conto.
Sarebbe auspicabile che qualche parlamentare italiano si prendesse la briga di imitare il suo collega britannico e di proporre una riforma del sistema scolastico che comprende anche l’asilo nido fra quelle dell’obbligo, rendendolo accessibile a tutti e riqualificando professionalmente il personale che già svolge funzioni educative e docenti.
I bambini ci guardano e da noi apprendono tutto senza attendere che siano gli adulti, nella loro presunzione, a decidere cosa possano e debbano fare e a che età debbano iniziare un scuola che, in effetti, inizia fin dal primo vagito.
Prendiamone atto, una volta per sempre.

Vincenzo

Read Full Post »

Giocare è un diritto di qualsiasi bambino e al tempo stesso un dovere per ogni adulto di considerarlo tale.

Se per l’adulto il gioco può essere considerato un’attività piacevole, da svolgere quando i propri doveri sono stati assolti, un passatempo, una distrazione, per il bambino assume una valenza totalmente diversa.

Il gioco è una cosa seria.

Il bambino attraverso il gioco rafforza la sua identità personale, l’autonomia e le competenze.

All’inizio il bambino si accontenta di esplorare quello che gli viene dato, man mano che cresce (acquisendo continuamente abilità e competenze) inizia a conoscere l’ambiente diventando un vero e proprio esploratore.

Durante le sue avventure, il bambino non si concede pause sperimenta la libertà di agire, di muoversi e di conoscere.

Il gioco nella sua evoluzione si carica di significati profondi dove il bambino da sfogo alle sue emozioni, alle sue passioni, il gioco per tanto fornisce una compensazione a tutte le piccole frustrazioni che incontra quotidianamente nella vita. Nella spontaneità e nella creatività il bambino ricostruisce il mondo secondo i suoi desideri.

Ad un passo ancora successivo, il bambino giocando con gli altri è chiamato ad assumere un ruolo da rispettare vivendo situazioni nelle quali deve accettare le regole e condividere valori come la solidarietà e la giustizia.

Il bambino può fare inoltre esperienze di sconfitte e frustrazioni quando, ad esempio, perde una partita;

in questi casi tuttavia comprende che, anche se ne si perde una, il mondo non crolla: una partita persa può essere ripetuta, il bambino arriva così a pensare di potercela comunque fare nel gioco, come nella vita, nonostante queste sconfitte temporanee.

Attraverso il gioco il bambino impara la perseveranza, il fatto di non sentirsi sconfitto ai suoi primi esperimenti ma di continuare a provare e ri-provare ed a non arrendersi.

Read Full Post »