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Sapete – proseguì – che i libri hanno un po’ l’odore della noce moscata o di certe spezie d’origine esotica? Amavo annusarli, da ragazzo. Signore, quanti bei libri c’erano al mondo un tempo, prima che noi vi rinunciassimo! ”

(Ray Bradbury, scrittore -Fahrenheit 451-)

Nel mondo di oggi, dove i mass-media sono l’espressione più esplicita e al tempo stesso la prosecuzione dell’ormai tumultuosa vita frenetica, il libro, per le sue peculiari caratteristiche, può essere considerato a tutti gli effetti quello che Ruskin aveva considerato uno “scrigno regale”.

La lettura «attività che impegna tutta la vita psichica»1 (di testi qualitativamente validi) struttura e potenzia le facoltà logiche, arricchisce il patrimonio linguistico, rinforza l’autonomia di giudizio e ancora, educa il senso estetico, alimenta la fantasia, sviluppa l’immaginazione.

Da questi presupposti, fondamentale sarà il compito dell’adulto, che dovrà creare situazioni idonee affinché il bambino possa entrare in contatto con il libro fin da piccolissimo.

Se è vero che un contatto precoce con il libro può aiutare notevolmente il bambino nel momento in cui si appresta a imparare a leggere e a scrivere, è anche vero che solamente attraverso un’educazione graduale e tempestiva, lo si può portare ad amare il libro, semplicemente per il gusto e il piacere che ne può trarre utilizzandolo.

I primi libri

Il bambino, ancora piccolissimo, deve avere la possibilità di toccare, guardare, assaggiare, manipolare, “leggere”.

I primi libri saranno quindi resistenti (cartonati, ma anche di stoffa o materiale facilmente lavabile) considerando gli usi che il bambino andrà a farne.

Gli album e libri-gioco, ricchi di immagini (il testo ridotto al necessario, o addirittura inesistente) sono linguisticamente arricchenti, attraverso attività come l’osservare le figure, cogliere le analogie, fare confronti, mediante un dialogo con l’adulto affettivamente gratificante.

Nei primi libri, ma anche in quelli che il bambino utilizzerà successivamente, un ruolo rilevante spetta all’illustrazione che oltre a chiarire ed arricchire quanto scritto, favorisce la memorizzazione di parti del testo, dei personaggi e di alcuni episodi, educa all’estetica, stimola l’intelligenza, sviluppa la fantasia, incoraggia l’osservazione.

Me lo leggi?”

Nel racconto orale “faccia a faccia” e nella lettura per procura (ad alta voce) l’adulto (figura significativa e per questo non paragonabile né sostituibile dalla narrazione audiovisiva) ha il compito di fungere da intermediario tra il bambino e il libro.

L’interesse per il linguaggio parlato, la sua musicalità, il suo ritmo si rintraccia già addirittura nel periodo prenatale «sulla base della scoperta della sensibilità del feto ai suoni, alle intonazioni delle voci esterne […]»2.

Il libro acquista pertanto valenze cariche affettivamente, legate a ricordi e stimolazioni piacevoli; il bambino chiederà il libro per “leggere” autonomamente o ne chiederà la lettura da parte dell’adulto.

Molto spesso il bambino chiede all’adulto la lettura dello stesso libro per più e più volte, questo perché ne sente l’esigenza, «verrà il momento in cui il bambino avrà ricavato tutto quello che può dalla sua storia preferita, o i problemi che l’hanno reso recettivo ad essa saranno soppiantati da altri, meglio espressi da qualche altra fiaba»3.

In questo particolare contesto rivestono una notevole importanza quelli che sono definiti “libri emozionali”, nei quali l’aspetto emotivo è fortemente presente.

Attraverso le emozioni il bambino possiede uno strumento per l’esplorazione del mondo, reale o fantastico che sia.

In questi libri si incontrano sentimenti come la paura, la rabbia, il terrore, l’ansia di abbandono, la gioia, la tenerezza, il conforto,…inseriti in un contesto quotidiano, quello stesso quotidiano che fa parte della vita di ogni bambino.

Il bambino avrà la possibilità di confrontarsi, di mettersi alla prova, di avvertire i propri limiti e di captare le alternative e le opportunità.

Un altro importante strumento di aiuto per i naturali conflitti che il bambino vive è sicuramente la fiaba. (In questo contesto è presa in considerazione esclusivamente la fiaba, nel senso stretto del termine; non si fa per tanto riferimento alle favole, le quali ricorrendo all’allegoria e alla satira sono difficilmente proponibili a bambini sotto i 6-7 anni).

Essendo educativa, terapeutica ed esortativa arriva ad influenzare positivamente lo sviluppo globale della personalità.

La fiaba porta il bambino a prendere contatto con il mondo, consentendogli un impatto non traumatico dovuto al contesto psicologico rassicurante su cui è fondata (quello che non avviene invece con la televisione).

Il bambino, entrando nel mondo del meraviglioso, nel sogno ad occhi aperti risponde a pressioni inconsce che devono essere “portate alla luce”. Questo è possibile attraverso l’immaginazione che fungendo da intermediario aiuta a far affiorare alla coscienza questo contenuto inconscio.

La fiaba avvia ad una prima definizione dei concetti di bene e male, che all’interno del racconto sono nettamente distinti.

Contrariamente a quanto succede nella realtà, dove esistono le sfumature, nella fiaba un personaggio è buono o è cattivo. Questo permette al bambino di capire facilmente la differenza, identificandosi spesso con il personaggio che suscita simpatia (il buono), decidendo così di essere buono a sua volta.

Ciononostante più che di una scelta etica (“Voglio essere buono”) si tratta innanzitutto di una scelta esistenziale (“Chi voglio essere?”).

La fiaba innesca nel bambino meccanismi di identificazione e proiezione verso personaggi che tra l’altro hanno nomi generici (un re, una regina, la strega, l’orco,…) anche per facilitare questi meccanismi.

La pluralità dei personaggi consente al bambino di identificarsi con uno, prendere come modello un secondo, trarre soddisfazione da un terzo; tutto questo a seconda del suo bisogno in quel determinato momento.

Infine la fiaba porta il bambino ad esorcizzare la paura che, come ogni emozione, ha un proprio significato legato al processo di crescita. Per questo motivo è importante identificarla e comprenderla, piuttosto che contrastarla o rifiutarla.

Anche la paura, come le altre emozioni, consente al bambino di crescere, rafforzando la sua autostima.

Alcune fiabe sono state riproposte in versione filmica o televisiva, ma rimanendo fini a sé stesse, modificano notevolmente sia il significato che gli effetti delle “fiabe originali”.

Questo avviene perché vi è un’esplicitazione visiva che distrugge l’immaginazione del bambino.

Presentando un prodotto già preconfezionato viene disturbato il processo elaborativo (analizzato sopra) attuato dal bambino.

Un processo che può essere realizzato non attraverso la visione di un dvd ma nella lettura, dove esiste uno spazio e un tempo di ascolto e auto-ascolto, che favorisce la riflessione e l’introspezione, intervenendo tra l’altro nella formazione di immagini mentali.

Per questo la lettura, da parte dell’adulto, deve essere lenta e chiara.

Inoltre, l’adulto deve tenere in considerazione la qualità della voce e allo stesso tempo dar vita ad un contatto visivo costante con il bambino.

Per ultimo, ma non per questo meno importante, la lettura deve essere un momento di piacere sia per il bambino che ascolta, ma anche per l’adulto che legge.

Sono per tanto da evitare tutte quelle situazioni nelle quali la lettura diventa sinonimo di costrizione e di obbligo, che porterebbero soltanto effetti controproducenti.

Una piccola riflessione

Esiste una vasta produzione di lavori che trattano in maniera approfondita ed esauriente il tema della letteratura per l’infanzia e i suoi generi letterari (come le filastrocche e le poesie che qui non ho menzionato).

Ho cercato di cogliere e segnalare alcuni dei punti che ritenevo significativi ed idonei, soprattutto per come ho impostato il tema del libro, concepito come alternativa alla televisione.

Il mio intento nello scrivere è stato quello di far riflettere nel considerare il libro (per i benefici che porta in sé) non qualcosa di superfluo ed antiquato, paragonato alle invenzioni super-tecnologiche che possiamo vedere tutti i giorni, ma al contrario una reale possibilità attraverso la quale il bambino possa pensare con la propria testa e sognare con il proprio cuore, cosa che avviene oggigiorno sempre più raramente.

L’adulto può fare al bambino un grande dono mettendogli nelle mani uno “scrigno regale”, dono che assume valenze ancora più vaste se l’adulto ricorderà doverosamente che «l’indifferenza verso i libri, la non lettura [è] delitto [che] una persona paga per tutta la sua vita; e se il delitto è commesso da una nazione intera, esso lo paga con la sua storia»4

1 G. Giugni, Pedagogia della lettura, SEI, Torino 1969, p. 58

2 A. M. Bernardinis, Itinerari, Fabbri, Milano 1976, p. 23

3 B. Bettelheim, Il mondo incantato, Felrinelli, Milano 1977, pp 22-23

4 J. Brodskij, Dall’esilio, Adelphi, Milano 1988, p. 53

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La televisione non potrà reggere il mercato per più di sei mesi. La gente si stancherà subito di passare le serate a guardare dentro una scatola di legno”.

(Darryl F.Zanuk, direttore della 20th Century Fox – 1946)

2009. Una, due, tre televisioni in una casa. Il “tubo catodico” lontano ormai da essere semplicemente un normale elettrodomestico, ha raggiunto livelli di design e tecnologia impensabili fino a qualche decennio fa. Cosicché oggi lo si vede padroneggiare nel salotto di casa (e non solo), diventando un formidabile oggetto di arredo.

Tuttavia la sua onnipresenza nella vita quotidiana di ognuno non implica la garanzia che un oggetto come questo sia a priori un prodotto utile, o quanto meno , innocuo per noi e per i bambini.

Fondamentale deve essere la conoscenza del mezzo-televisione, gli eventuali e possibili danni che può comportare, riflettendo di conseguenza sull’uso che noi adulti vogliamo farne, che si traduce poi, inevitabilmente, nei comportamenti che assumeremo di fronte ai bambini.

Perchè la tv piace tanto ai bambini?

Capita raramente, che un bambino, anche piccolissimo, non sia attratto dalla “scatola magica”.

Questo non deve stupire. I programmi pensati per i più piccoli, (si pensi ad esempio a Sky) sono creati e costruiti a tavolino da una schiera di psicologi, sociologi, esperti della comunicazione, che conoscono nei minimi dettagli i bambini e il loro inconscio. (Lo stesso lavoro viene svolto nel campo della pubblicità).

Le strategie utilizzate sono sotto gli occhi di tutti. Programmi e cartoni che durano solo qualche minuto: la soglia di attenzione nel bambino piccolo è bassa, che ripetono parole o canzoncine fino allo svenimento: il rituale è fonte di rassicurazione per il bambino (si pensi ad esempio agli ormai famosi Teletubbies ).

Si ricordi che uno dei principali metodi di apprendimento e/o condizionamento è la ripetizione continua di un messaggio o di una frase (ndr Pavlov).

Attratti anche dai grossi guadagni, gli psicologi studiano programmi che portano il bambino ad essere catturato dal “tubo catodico” subendone passivamente il fascino. Immagini colorate, in continuo movimento, effetti visivi speciali, musiche accattivanti che, rispondendo anche al bisogno di concretezza visiva del bambino, fanno sembrare reale qualcosa che invece è artificiale e costruito con precisa intenzionalità.

Lo schermo cattura l’attenzione, il bambino rimane incollato alla televisione, come imbambolato, anche se è caduto l’interesse per quello che sta vedendo, più a lungo guarda lo schermo, maggiori sono le probabilità che continui a farlo (attentional inertia).

Quindi non stupitevi della reazione che il vostro bambino avrà guardando questi programmi, e soprattutto non siatene soddisfatti: semplicemente la televisione ha svolto il suo compito.

Crescendo le cose si complicano. Il bambino poco più “grande” ha facilmente accesso alla tv. A livello pratico la fruizione del mezzo televisivo non necessità di un lungo tirocinio: basta premere il pulsante dell’accensione e iniziare a schiacciare i tasti del telecomando!

Il bambino, ancora in via di sviluppo, non possiede né gli strumenti, né i mezzi adeguati per decodificare i messaggi che vengono trasmessi (si pensi alla violenza, ma non solo), catapultato in un mondo dove i confini tra il mondo infantile e adulto sono resi incerti e sfumati.1

Alcuni effetti della tv sul bambino

Quando parlo di violenza, non mi riferisco necessariamente a film o telefilm ad alto contenuto di aggressività e crudeltà, ma anche al semplice telegiornale. Il bambino di oggi ininterrottamente bombardato di notizie, il più delle volte tragiche e brutali, è chiamato indirettamente a partecipare a tutti i drammi che si compiono nel mondo.

Tra l’altro, non è un caso che le notizie tragiche dei telegiornali, vengano trasmesse anche all’ora dei pasti.

Il bambino, (ma anche l’adulto), si ritrova così ad assimilare ed ingoiare non solo il cibo, ma anche queste notizie che andranno ad insediarsi e a lavorare inevitabilmente nell’inconscio. Se consideriamo che i danni provocati dalla violenza, sia questa visiva o diretta, sono proporzionali al livello di coscienza (livello evolutivo) di chi la subisce, per un bambino che sta ancora crescendo la visioni di queste immagini sono destabilizzanti.2

Il bambino è costretto a vivere un continuo disagio emotivo, «un diffuso senso della precarietà dell’equilibrio generale e della sicurezza collettiva e personale»3, impotente di fronte alla visione e all’ascolto di queste notizie è posto davanti ad una realtà “più grande di lui”.

Questo non significa fare vivere il bambino sotto la campana di vetro, ma credo che sia doveroso preservarlo da quelle esperienze, traumatiche e troppo precoci, che riguardano il mondo adulto.

Il fattore per eccellenza dell’obesità infantile è la televisione (fatta esclusione dei casi particolari come le anomalie metaboliche), conseguenza di sedentarietà e consumo non consapevole.

Uno studio americano (in America l’obesità infantile ha raggiunto indici allarmanti) ha dimostrato la relazione tra le ore passate davanti alla tv e l’aumento del peso.

In Italia non navighiamo in acque migliori. I bambini fanno poca attività fisica, quasi la metà abusa della televisione e videogiochi. Un bambino su tre tra i 6 e gli 11 anni pesa troppo. Il 12,3 dei bambini è obeso, il 23 in sovrappeso4.

Davanti alla televisione, il bambino assume una posizione statica (da imbambolato), non c’è movimento a differenza di un qualsiasi gioco, all’aperto e non, inoltre davanti alla televisione i bambini consumano sempre qualcosa, che si tratti di una caramella o di una merendina, il più delle volte l’assunzione diventa poco consapevole.

Guardando la televisione il bambino, fisicamente passivo, utilizza notevolmente la vista, a discapito degli altri sensi.

Nel fissare lo schermo la messa a fuoco è bloccata, in quanto la distanza tra il bambino e lo schermo è sempre la stessa, si riscontra perciò un’assenza dell’allenamento del muscolo oculare con la conseguenza di una possibile miopia in età molto precoce; infatti capita spesso di vedere bambini ancora molto piccoli che già portano gli occhiali5.

Inoltre l’esposizione alla luce della televisione provoca un calo della melatonina (una molecola che, tra le varie funzioni che svolge, regola quasi tutti gli ormoni).

Si presume che tra i fattori che hanno portato negli ultimi quarant’anni ad anticipare lo sviluppo sessuale ci sia proprio il calo della produzione della melatonina6.

Ricerche scientifiche hanno dimostrato come l’esposizione e l’utilizzo della tv nei primi 3 anni di vita interferisca sullo sviluppo del linguaggio. Tra l’altro nel bambino televisivo quello che può essere considerato un linguaggio più elaborato e ricco lessicalmente, non comporterebbe strutture cognitive più complesse, ma solo acquisizioni superficiali e provvisorie.

Si parla poi di “sindrome da rientro” che si manifesta nel bambino con nervosismo, aggressività dopo una prolungata esposizione al mezzo televisivo.

Per ultimo, ma per questo non meno importante, il bambino d’oggi vive in un rumore perpetuo mass-mediologico, in un contesto dove si riscontra la perdita del valore pedagogico del silenzio.

Il silenzio come desiderio, esigenza profonda del bambino, vero e proprio bisogno primario. (Montessori).

Il silenzio incoraggia la presa di contatto con la propria interiorità, favorendo il “sapersi ascoltare”.

Considerando quanto detto fin’ora, non credo di certo che un bambino piccolo che guarda un cartone animato in televisione dopo pochi anni diventi necessariamente obeso, miope, violento, irrequieto, poco creativo e fantasioso e via discorrendo. Tuttavia invece credo che l’adulto abbia il dovere di conoscere e capire che la televisione può essere (è) pericolosa.

Fondamentale è sì il buon senso, ma mi chiedo, noi adulti possediamo i mezzi necessari per capire quando è bene spegnere la televisione? Non farà “male” far vedere 10 minuti di televisione al giorno, ma se il giorno dopo il programma preferito di vostro figlio dura 10 minuti in più? Che si fa? Spegniamo categoricamente la televisione allo scattare di quei 10 minuti che ci eravamo prefissati in precedenza? Siamo in grado di essere così perentori? Abbiamo il tempo, la voglia, la forza di fare tutto questo?

Molte volte si crede che i problemi relativi all’uso (e abuso) della televisione gli abbiamo sempre e solo i bambini di qualcun’ altro. Bambini che stanno incollati 4 ore al giorno davanti alla tv.

Ma se calcoliamo che a un anno un bambino vede la televisione 10 minuti al giorno (il tempo per una puntata di un cartone), a due anni tre-quattro puntate, verso i quattro anni un dvd intero più i telegiornali (che i genitori vogliono vedere), arriviamo senza problemi a 4 ore di visione giornaliera per un bambino di 7-8 anni. Certo, sono solo ipotesi, ma senza volerlo tutti noi cadiamo in un circolo vizioso, dal quale difficilmente se ne esce.

Guardare la tv è una perdita di tempo, il bambino ha la possibilità di vivere svariate esperienze, grandi opportunità che, a differenza di una “scatola di legno”, favoriscono il suo benessere psico-fisico.

Una valida alternativa: un buon libro!

1 Postam, La scomparsa dell’infanzia, Armando, Roma 1984

2 Cfr. Marcello Pamio, Manifesto contro la televisione, Il Nuovo Mondo edizioni, Padova 2004, pag. 48-49

3 A.Franchini – F. Introna, Delinquenza minorile, CEDAM, Padova 1972

4 Spinelli A, Lamberti A, Baglio G, Andreozzi S, Galeone D (Ed.). OKkio alla SALUTE: sistema di sorveglianza su alimentazione e

attività fisica nei bambini della scuola primaria. Risultati 2008. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2009. (Rapporti ISTISAN 09/24).

5 Cfr. Marcello Pamio, Manifesto contro la televisione, op cit. , pag,. 45-46

6 Idem, pag. 38-39

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