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Posts Tagged ‘amore’

Gli occhi di Mohamad Zakaria Sulliman Salem Hajahjah sono tristi, incorniciati in un visino senza sorriso, consapevole già all’età di sette anni della sua esistenza di profugo palestinese senza futuro e senza speranza.
Fa male vedere la melanconia e la serietà nel viso di un bambino, perché la sua dovrebbe essere l’età della gioia, della spensieratezza, dei giochi felici e chiassosi, ma Mohamad Zakaria non ha mai conosciuto altro che la miseria in cui vive con la sua famiglia, un padre disoccupato, la mamma, due sorelline, una delle quali disabile.
Non può sorridere. E come lui altri mille ed altri mille ancora. Conosciamo tutti la situazione dei palestinesi, profughi nella loro terra, prigionieri di un potere israeliano che non potrà mai riconoscere la pienezza dei loro diritti perché dovrebbe restituire loro la Patria che gli ha sottratto con la forza delle armi.
Ma, ora, non ci interessa entrare nel merito del conflitto mediorientale, perché la nostra attenzione si volge ai bambini che ne sono le prime vittime, le più indifese, le più innocenti per chiederci cosa possiamo fare per loro.
In un terra lontana, non solo geograficamente, possiamo fare quel lo che la solidarietà suggerisce avvalendoci dell’opera preziosa dell’ “Associazione di amicizia italo-palestinese“, con sede a Firenze, in viale Matteotti n. 27, diretta da Mariano Mingarelli e Marina Maltoni.
Un’associazione senza scopi di lucro, apolitica nel senso che non esprime un’ideologia e neanche una posizione politica in senso proprio, fermo restando che è schierata con il popolo palestinese e la sua causa, peraltro condivisibili da tanti, da tutti se tutti conoscessero la storia e la sofferenza di questo popolo.
L’associazione si occupa di bambini, di coloro che innocenti paga no il prezzo più alto di una guerra che l’indifferenza del mondo ha reso eterna e senza fine.
Tante volte, su questo sito, abbiamo parlato dell’infanzia, dei bambini che sono il nostro futuro, che rappresentano l’avvenire di una umanità che non sa più come crescerli e che ostenta spesso nei loro confronti una crudeltà che ricopre d’ignominia un mondo che si definisce civile.
Fra questi bambini dimenticati ed oppressi, spiccano quelli della Palestina di Gaza, dei campi profughi, della miseria e del pianto che nessuno osa mostrare in televisione per timore di apparire anti-israeliano, quando viceversa parlarne ed occuparsi di loro significa semplicemente non rinunciare alla propria umanità in nome della politica.
Faremo per loro tutto quello che è nelle nostre possibilità fare perché lo suggerisce e lo impone la coscienza e l’amore per l’infanzia che consideriamo al di sopra delle parti, dei conflitti, della politica e delle ideologie.
Non sappiamo quanto la nostra azione potrà portare giovamento a questi bambini, ma la porteremo avanti con costanza ed impegno, sperando che un giorno sul viso di uno tanti Mohamad Zakaria si possa scorgere l’ombra di un sorriso ad illuminare i visini tristi e melanconici di chi nulla ha ma avverte la presenza di quanti sono loro vicini nella speranza che per loro ci sia un futuro che non sappia solo di fame, di morte e di prigionia, ma che abbia il sapore della vita e della libertà.

Vincenzo

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Spesso abbiamo dovuto fotografare dalle pagine di questo sito dedicato all’infanzia ed alle donne, l’impietosa realtà di un mondo che calpesta i diritti dei bambini, degli adolescenti e dell’altra metà del cielo.
All’inizio del nuovo anno, nulla ci giunge a conforto della speranza che qualcosa possa cambiare in meglio.
La cronaca di questi giorni ci ripropone le tragedie alle quali ormai siamo assuefatti e che sono divenute strumento di mera speculazione giornalistica.
A giorni, ricomincia su Rai Tre “Amore criminale”, una trasmissio ne dedicata alla ricostruzione di omicidi di donne, ad opera di mariti, conviventi, fidanzati, compagni di vita.
130 ogni anno, in Italia, muoiono in questo modo.
Forse, a nostro avviso, non servirebbe ricostruire le scene agghiaccianti e, spesso, morbose di questi delitti per fare audience, quando sa rebbe necessario dire se e come sono stati puniti i loro assassini, quando individuati e giudicati.
Parole amare potremmo scrivere su questo sfruttamento del delitto e delle vittime, oltraggiate anche dopo la morte, ma vogliamo iniziare il 2011 in altro modo, dedicando il nostro pensiero ai bambini e alle donne che vivono nella quotidianità di una vita, a volte precaria e difficile, con la forza ed il coraggio di chi non accetta un destino che li vuole eternamente subalterni, vuoi per età vuoi per sesso.
Nulla intenerisce più del sorriso dei bambini, dei loro sguardi limpidi, delle vocine ancora incerte che iniziano il cammino della vita, accompagnati dalla guida di genitori che li ritengono il fine ultimo della loro vita e li amano come i padri e le madri sanno amare.
Nulla è più gioioso del riso di una donna, più dolce di una sua carezza che rasserena e conduce in un mondo in cui non c’è spazio per i cattivi sentimenti, ma solo per quell’amore che è eterno come eterno è l’ Universo.
Non esiste un mondo senza bambini e senza donne che possa conoscer e felicità, perché sono loro che ne possiedono le chiavi, loro che possono donarla e rendercene partecipi.
La speranza è, quindi, quella che sempre più uomini possano com prendere, senza costrizioni o lavaggi cerebrali, quello che in fondo sanno fin dalla nascita, quando si abbracciavano alla madre, che la gioia dei cuori, anche quelli più inariditi, ci proviene dalle nostre donne e dai nostri figli.
Non è la gioia dei sensi, perché non sono, le nostre donne, mero strumento di piacere, ma qualcosa di molto più significativo che riempie un’intera esistenza e mai tradisce.
La speranza è che si riscopra la verità, oggi occultata, che l’amo re nelle sue realtà, spirituali e non fisiche, lo proviamo solo quando riusciamo a farci amare dai figli e dalle donne.
In un mondo confuso e disorientato, come quello in cui oggi vivia mo, dove si pretende di rendere eguali tutti e tutte, formando una nuova specie umana di esseri che non sono del tutto maschi e non sono del tutto femmine, l’ostacolo insuperabile ad ogni osceno disegno sono proprio le donne, la cui femminilità non è imitabile né trasmutabile, così che esse rimangono la vita e non potranno mai esserne la negazione.
Il ciclo eterno della vita passa per la donna, il frutto del suo amore sono i figli che rappresentano la continuità della vita, non solo di una specie.
La tecnologia moderna riduce l’uomo ad un animale da riproduzione, ma senza il corpo di una donna la vita non può nascere.
E noi riteniamo che essa debba nascere dall’amore, non dalla tecnologia perché i figli abbiano una madre ed un padre e quest’ ultimo, a sua volta, abbia possibilità di farsi amare da loro e dalla sua compagna.
Sono considerazioni che potrebbero essere giudicati banali, e lo sarebbero state in altri tempi, ma oggi hanno il valore intrinseco della riscoperta di un mondo che, via via, sta scomparendo a favore dalla moltiplicazione di novelli Frankstein creati in laboratorio o nelle sale chirurgiche.
La speranza è che si levi, pian piano, uno inno alla vita la cui verità non è contorta, è semplice ed immutabile, non soggetta a modifiche ed esperimenti.
La presunzione di certe élites è destinata ad infrangersi insieme ai mondo da incubo che stanno, un poco per volta, cercando di costruire nel momento in cui si farà strada la consapevolezza che la via della vita è una sola, da percorrere in due: una donna ed un uomo insieme, e con essi i loro figli.
Ma l’amore verso una donna non basta. Deve essere accompagnato dal rispetto e dalla stima che sono il corollario stesso dell’amore, e da questo non possono prescindere.
L’ augurio è, infine, quello che gli uomini possano ritrovare sé stessi e l’onore oggi perduto, quello che imponeva di difendere la donna e i bambini, anche da sé stessi, dalla propria ira, dai propri sentimenti quando feriti, perché chi infierisce su una donna o sui bambini non ha onore né dignità, va emarginato con giusto disprezzo.
Non sarà facile, in un mondo in cui le donne vengono esposte sulla linea del fuoco nei fronti di guerra in nome di una inesistente parità, con buona pace dell’onore militare, ma bisogna iniziare quel cammino a ritroso che, passo dopo passo, ci riconduca al momento in cui è iniziato quel processo che, in nome del progresso dell’umanità, ci sta conducendo all’autodistruzione.
Solo una donna, Carlotta Corday, ebbe il coraggio di levare il pugnale sul giacobino Marat.
Sarà ancora una donna, in modo meno cruento, a dare il segnale della riscossa?
Ce lo auguriamo.

Vincenzo

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Non si può prescindere dall’affrontare, su un sito che si occupa dei diritti dell’infanzia, l’argomento relativo alla pratica dell’aborto.

Senza tanti giri di parole, lo definiamo per quello che esso è: un omicidio legalizzato con l’aggravante delle motivazioni futili se non quando abiette.

E’ una posizione drastica, certamente, che però riposa su una riflessione ed una constatazione in merito alla superficialità con la quale tantissimi giovani e meno giovani ritengono di poter ricercare il loro piacere senza curarsi delle conseguenze che da essa possono derivare.

In un paese come il nostro, blaterare che l’aborto è una necessità per tante coppie che non hanno la possibilità di mantenere i figli è voler offrire un alibi a quanti, viceversa, si fanno forza della esistenza di una legge che consente l’infanticidio per procreare e, poi, regolarmente ammazzare i nascituri per indifferenza nei confronti della vita umana e del suo valore.

Esistono i mezzi per fare sesso senza procreare figli. Riteniamo già squallido il fare sesso per mero divertimento,per noia esistenziale, per fare esperienze, per concludere una serata in discoteca, per godersi la vita, perché riteniamo che alla base dell’accoppiamento ci debba essere un po’ di tenerezza, un minimo di sentimento, se non proprio amore qualcosa che gli somigli. Viceversa, grazie alle mode importate dall’America e diffuse nel nostro Paese da intellettuali dell’area radicaloide, ormai anche le undicenni non si sentono realizzate se non hanno avuto il loro maschio, meglio se più di uno.

Se i modelli sono quelli che ci presenta la televisione pubblica e privata, non possiamo certo scagliarci contro i ragazzini e le ragazzine ai quali s’impongono come modelli maschi disponibili a tutte le esperienze e donne che hanno reso felici alcuni reggimenti se non proprio interi corpi d’armata di maschi, in nome della libertà della donna.

Abbiamo un’altra concezione della libertà della donna che non sia quella di saltare, per una vita intera, da un letto ad un altro, per cui ci diventa impossibile comprendere perché quando accade l’imprevisto di restare incinte debbano ammazzare la vita che hanno nel loro grembo, invece di consentire ad essa di prendere corpo ed anima.

Lo stesso ragionamento vale per gli uomini che meno che mai oggi si sentono responsabili se la compagna di letto (non osiamo dire del cuore) rimane incinta.

Impegnarsi per far riscoprire ai giovani il valore della vita è oggi un imperativo per quanti ritengono che esistano ancora, nonostante, valori da difendere e principi da affermare.

In un mondo in cui gli stessi squallidi personaggi che si presentano,con aria affranta e commossa in televisione, per invocare la grazia per stupratori omicidi perché la “vita è sacra”, sono in prima fila a propagandare il libero aborto, è giunto il momento di ristabilire la verità: la vita innocente è sacra e non deve essere soppressa perché i genitori sono troppo giovani, non hanno sufficienti mezzi economici o si devono ancora godere la vita e non si sentono all’altezza di allevare ed educare i figli.

Dall’aborto all’infanticidio dichiarato il passo è stato breve. Quante sono le madri che, oggi, uccidono i loro figli? Porse, non si è mai vista una simile barbarie che nulla giustifica men che mai la loro condizione sociale.

La realtà è che è stato inculcato in uomini e donne il disprezzo per la vita dei figli, anteponendo ad essa i loro interessi e le loro necessità.

Quando ci si accoppia non per amore ma per divertimento è normale (è triste dirlo) che non si vogliano avere conseguenze e che, insieme, i protagonisti del “gioco” decidano di sbarazzarsi in fretta del frutto del loro incontro, cancellando subito la scintilla della vita che, per essi, non ha più alcun significato.

Se sarà lungo e difficile ricostruire ciò che in mezzo secolo è stato distrutto dalle classi dirigenti dominanti e dagli intellettualoidi di area radicale, si può però imporre per legge una limitazione all’aborto richiedendo che per praticarlo si dimostri lo stato di necessità, ovvero le ragioni imperiose che impongono di abortire.

Se queste sono di natura economica, che si provveda. Lo Stato, gli enti locali, le Regioni esistono anche per queste ragioni, per intervenire a favore dei più disagiati, in caso contrario i bambini hanno il diritto di vivere anche a costo di affidarli in adozione, privilegiando i piccoli italiani rispetto agli extra-comunitari che fa tanto chic adottare per dimostrare di non essere razzisti.

Forse, portare i ragazzi e le ragazze a visitare i reparti di maternità potrebbe essere utile per fargli scoprire quanta dolcezza e quanta tenerezza sappiano suscitare nei cuori la vista di un neonato che dorme nella sua culla il suo primo sonno da uomo.

Certo, ci sta a cuore il benessere di oche, foche, coccodrilli, macachi, la cui esistenza va garantita e la cui vita va salvaguardata.

Vogliamo convenire che la vita di un cucciolo d’uomo vale almeno quella di una foca?

Noi pensiamo che valga molto di più, però a tutti i fautori dell’aborto libero e indiscriminato consigliamo di adeguarsi a ciò che il mondo animale ci dimostra: in natura, non si uccidono i figli, non si sopprime la vita che una femmina porta dentro di sé”, e che prendano esempio dall’amore che una tigre ha per i propri cuccioli.

Magari in questo modo ci si rende conto che anche il piacere si può accompagnare al dovere di rispettare la vita e che darla e un privilegio, un dono al quale non si deve rinunciare per non uccidere una parte di sé stessi e tirare a campare chiusi nel proprio egoismo.

Se, poi, si tornerà a convenire che la procreazione è un atto di amore e non il prodotto di un’avventura fugace ed effimera, tutto sarà più facile.

Per arrivare a questo, però, converrà liberare le tigri e chiudere negli zoo radicali, intellettualoidi, femministe, ecc. compiendo un’operazione igienico-sanitaria di cui si avverte sempre più il bisogno.

Vincenzo

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Lettera

Milano, 11 febbraio 2010

Gentilissima Francesca,
Le chiedo ospitalità sul Suo bellissimo blog per dare spazio al pensiero di un uomo che segue, in modo costante e con estremo interesse, il dibattito sul mondo dell’infanzia che appare sempre più al centro dell’attenzione e, paradossalmente, sempre più lontano dalla realtà in cui l’infanzia dovrebbe far valere i suoi diritti.
Inizio da una constatazione: in Italia, come nel resto dell’Europa, l’attenzione verso l’infanzia si accompagna al processo d’ invecchiamento graduale e progressivo della popolazione.
E’, questo interesse, la conseguenza di un sempre minor numero di bambini nel nostro Paese e in quelli europei in genere.
Si è scoperto l’esistenza di un patrimonio da tutelare e da difendere, ma nessuno fino ad oggi, a livello politico, è riuscito da dire esattamente da cosa bisogna proteggere l’infanzia, come farlo e quali mezzi adottare.
Sarà una mia impressione, ma credo che in questo disorientato e confuso mondo attuale, si è fatto ogni cosa per distruggere la famiglia tradizionale, quella che un tempo suddivideva i ruoli fra gli uomini che avevano il dovere di lavorare e mantenere in maniera decorosa la moglie e i figli, e le donne che avevano il diritto di essere madri e di dedicarsi ai figli.
Oggi, dopo decenni di assillante propaganda, si è imposto il concetto della parità dei doveri fra uomo e donna anche in seno alla famiglia. La donna vuole, quindi, avere la. sua vita, i suoi piaceri, la sua carriera professionale, la, sue gratificazione sociali e ritiene il ruolo esclusivo di madre limitativo per la sua personalità e per la sua realizzazione.
Le donne in carriera, le attrici, le manager, le miliardarie che la televisione ci mostra come mamme tenerissime, hanno in realtà baby-sitter e “tate” che si occupano dei loro figli, per la cui educazione hanno lo scarso tempo che il lavoro loro lascia.
Le donne comuni, quelle che vivono di stipendio, devono invece scegliere se avere figli, quando averli, quanti averne perché non potendo pagare baby-sitter e “tate” devono essere loro a provvedere ai bisogni dei bambini che mettono al mondo.
Manco a dirlo, hanno spiegato alle donne che prima di avere figli è giusto che si godano la loro giovinezza, che i sacrifici per la famiglia devono essere equamente divisi fra marito e moglie, che la responsabilità dell’educazione ricade su entrambi, cosi come quella del loro mantenimento.
Mi chiedo, a questo punto, se qualcuno ha preso più in considerazione il fatto che i bambini, almeno fino ad una certa età, hanno bisogno di quell’amore che solo la madre riesce ad esprimere in senso totale e compiuto.
L’uomo,per quanto affetto riservi ai suoi figli, non potrà mai sostituire la madre nel dare quella tenerezza che i bambini necessitano, perché il “mammo” non esiste e non potrà essere creato dalla televisione e dall’onnipotente potere mediatico.
Solo fra le braccia della madre un bambino di un anno, due, magari tre, si sente confortato e rassicurato perché essa rappresenta per lui la dolcezza di cui ha bisogno.
In altre parole, come si pretende di tutelare l’infanzia dopo aver progressivamente abolito il ruolo della madre, averne sminuita la figura, facendola apparire come una professione senza retribuzione?
Cosa possono necessitare i bambini se non l’amore di una madre? Amore che si esprime con la presenza costante in casa, accanto ad essi, con la voce, le carezze , i baci, il contatto corporeo con lei.
Certo una donna soldato amerà i suoi figli come qualsiasi altra madre, ma quanto tempo potrà loro dedicare? Poco, perché torna a casa dal lavoro stanca, come chiunque lavori, e sarà così la mamma della domenica e dei giorni festivi.
Non si vuole né si può tornare indietro? Ma non si dica che si possa trovare un surrogato all’amore della madre. Si dica che si vogliono proteggere i bambini dai pericoli di un mondo sempre più imbarbarito dove gli “orchi” possono essere gli stessi genitori, ma si ammetta che che li si condanna a crescere senza affetto e tenerezza, in un mondo in cui il giocattolo costituisce il bacio che manca, la carezza che non c’è, le ore passate in braccio ad una madre assente.
La mia lettera potrà essere bollata come “qualunquista”, ma credo che esprima il pensiero di tanti della mia generazione che, in un mondo molto più povero, senza televisione e scarsi giocattoli, abbiamo però avuto la fortuna di avere un’infanzia serena, frutto della presenza dei genitori e, soprattutto, di quella donna che realizzava se stessa nell’essere madre e anteponeva l’amore per i suoi figli ad ogni interesse.
Nel ringraziarla per la cortese pubblicazione, Le porgo i miei complimenti per il Suo blog e i miei auguri per la Sua encomiabile azione a favore dell’infanzia.
Vincenzo

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