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Posts Tagged ‘Ruby’

Il caso Ruby ha scatenato, per mere ragioni politiche, l’ipocrita indignazione di quanti fingono di aver scoperto che le minorenni che partecipano ai concorsi di bellezza sono oggetto delle attenzioni, non proprio paterne, di tanti uomini ai quali le “lolite” di turno piacciono, e molto.

Hanno finto di aver scoperto che buona parte delle minorenni, con l’assenso delle loro famiglie, accettano di buon grado le offerte degli uomini in cambio, se non di denaro, della possibilità di fare carriera nel mondo dello spettacolo nel quale oggi l’unico requisito richiesto ad una ragazza è il proprio corpo.

I moralisti dell’ultima ora, però, il problema lo usano solo per attaccare Silvio Berlusconi, esemplare di quella fauna miliardaria e politica che non ha mai occultato i suoi vizi privati, pacati a suon di milioni di euro.

Siamo certi che, finito il processo, di minorenni traviate ed utilizzate nei concorsi di bellezza per il piacere dei maschi, non se ne parlerà più.

Nessuno ha avanzato la proposta più ovvia, la più semplice, quella cioè di vietare per legge la partecipazione di ragazze minorenni ai concorsi di bellezza, riservandoli solo a coloro che hanno compiuto i 18 anni di età.

Di solito, sotto i 18 anni, le ragazze sono ancora studentesse, devono prendere il diploma e per farlo devono studiare, non hanno altro da fare in quegli anni della loro vita, così che bisogna salvaguardarle dal desiderio di mamme e papà di farse esibire in passerella nei concorsi di bellezza e di sognare per la carriera della soubrette televisiva o dell’attrice cinematografica.

La ragione, il decoro, la dignità non sono di casa in tante famiglie italiane nelle quali contano i soldi che le figlie belle possono guadagnare per, poi, magari diventare famose passando da un letto all’altro di quanti contano nella società.

In un paese in cui, oggi, i minorenni sono “protetti” al punto che nemmeno l’omicidio può farli finire in galera, perché ritenuti semi infermi di mente fino al compimento del 18° anno di età, nessuno pensa di proteggere le belle ragazzine dalle attenzioni degli uomini maturi e dai loro stessi genitori, facendo approvare dal Parlamento una legge che vieti, sic et simpliciter, la partecipazione delle minorenni ai concorsi di bellezza e a tutte quelle manifestazioni in cui è richiesto come unico requisito l’esibizione del proprio corpo.

Queste ragazze, le loro coetanee, potrebbero ben partecipare a concorsi di intelligenza, di cultura, in cui esibire le loro capacità intellettuali rimandando alla maggiore età la partecipazione a sfilate in cui il costumino da bagno che indossano non mette in luce le loro qualità intellettive ed interiori ma solo quelle fisiche che tante fantasie maschili sanno sollecitare.

Non basta ricordarsi della corruzione delle minorenni solo quando serve per attaccare politicamente un avversario, tolto il quale di mezzo, l’andazzo prosegue come sempre e, magari, peggio di sempre.

Bisogna intervenire con una legge che imponga quello che la ragione e l’interesse negano, la difesa delle minorenni e la loro tutela anche contro la volontà dei familiari e i loro stessi desideri di successo ad ogni costo.

Certo, si potrebbe fare altro. Ad esempio, parlare meno di Elisabetta Canalis, Valeria Marini, Manuela Arcuri, Belen, tutte bellissime donne che hanno raggiunto il successo per tutto quello che hanno mostrato, e non per capacità recitative ed intellettuali.

Si potrebbe svolgere un’ attività educativa che si estenda alla società intera e non sia solo confinata in ambito scolastico, ammesso e non concesso che oggi i docenti si preoccupino di insegnare altro che non mere nozioni.

Per poterlo fare, però, bisognerebbe cambiare tante cose in questa società, procedere a trasformazioni radicali che necessitano tempo e rigore morale.

Non rimane, quindi, altro da fare che accontentarsi di poco, del minimo che perfino oggi si può chiedere ed ottenere: porre un limite di età a quante concorrono ai concorsi di bellezza.

Sarebbe il primo, timido segnale di un’inversione di tendenza che possa preludere ad un riesame globale del problema femminile e dello sfruttamento della donna come oggetto di piacere maschile.

Vincenzo

 

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I risvolti della vicenda giudiziaria che coinvolge l’attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e la marocchina “Ruby” e le frequentatrici delle feste nella villa di’ Arcore, non ci interessano.
Ci preme, viceversa, sottolineare un aspetto passato quasi inosservato di questa storia di miliardari gaudenti e di ipocriti moralisti dell’ultima ora.
Dalle intercettazioni pubblicate dai giornali e diffuse dai telegiornali, si apprende che diverse delle ragazze che frequentavano le ville di Silvio Berlusconi e ne allietavano le cene ed i dopo cena, raccontavano tutto a padri, madri e fratelli che, a loro vol ta, le incitavano a darsi da fare perché da loro dipendevano le fortune economiche delle famiglie.
Non condividiamo il linciaggio al quale sono sottoposte queste ra gazze, troppo sbrigativamente indicate come prostitute che si facevano lautamente pagare le prestazioni sessuali fornite al presidente del Consiglio.
Non sono escort che si vendono al miglior offerente. I dialoghi con i familiari dimostrano, viceversa, che sono ragazze, in grande maggioranza, che sfruttano le loro qualità fisiche per fare carriera.
Sono giovani donne che sono cresciute in una società in cui la libertà sessuale è un dogma che nessuno osa criticare per non essere accusato di oscurantismo o peggio.
Mettono a frutto, in pieno accordo con mamma, papà e fratelli, quello che la società attuale ha loro insegnato: che ad essere belle e compiacenti si può fare carriera passando da un letto all’altro, senza che nessuno se ne debba scandalizzare o le debba criticare.
Non ci sono attrici, oggi, che hanno fatto carriera per le loro doti interpretative, ma solo per i corpi generosamente esibiti e non certo negati a chi, agli inizi della loro carriera, poteva procurare loro una particina in un film o in qualche trasmissione televisiva.
Perfino in anni ormai lontanissimi per costume e mentalità, la signora per antonomasia del cinema italiano, Sofia Loren, si faceva fotografare senza veli perché l’esibizione del corpo era una necessità, evidentemente, alla quale nessuna aspirante attrice poteva e pub sottrarsi.
In una società in cui tutto è stato dissacrato non sono più solo le ragazze ha sfrattare il proprio corpo ma le famiglie tutte ad attendersi che lo facciano.
Siamo tornati nella Napoli del 1944, quando erano le madri ad offrire le figlie ai soldati alleati. Ma, all’epoca, le spingeva a farlo la fame e la miseria.
Oggi, c’è la carriera televisiva, la speranza di fare la “velina”, la possibilità di guadagnare soldi, tanti soldi da portare a mamma e papà e ai fratelli.
E questa realtà squallida passa sotto silenzio perché bisogna privilegiare i vizi privati di un miliardario divenuto presidente del Consiglio?
A noi non interessando i vizi di questo o di quello, da tanti conosciuti da anni e taciuti da sempre, c’interessa la degradazione del costume e l’ipocrisia di quanti ritengono normale che le ragazze finiscano nei letti dei registi, dei produttori, dei miliardari, salvo scoprire che sono prostitute solo quando vanno nella villa di Berlusconi, ad Arcore.
Non sono prostitute, con buona pace della procura della Repubblica di Milano, sono come migliaia e migliaia di ragazze italiane il cui ideale è Elisabetta Canalis, Valeria Marini o Belen.
Sanno tutte quello che devono fare, sotto la guida accorta di mammà e papà.
Che tristezza!
Vincenzo

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La commissione di reati in questo Paese suscita ancora indignazione?

La vicenda, ultima in ordine di tempo, di Ruby,la bella marocchina che ha messo nei guai il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sembra provare il contrario.

Del diluvio di commenti seguiti alla telefonata di Berlusconi per farla rilasciare dalla Questura, non uno è stato dedicato al fatto che Ruby è una ladra.

Già, perché la ragazza è stata denunciata da un’amica che la ospitava per averle rubato 3 mila euro.

A Ruby, mancavano 3 giorni per diventare maggiorenne, quindi non si può invocare per lei l’incapacità di intendere e di volere; non pativa la fame, quindi non ha rubato per

comprarsi un tozzo di pane o trovare un misero alloggio dove abitare e ripararsi dal freddo.

Poco interessa sapere perché Ruby abbia rubato, ma conta notare come si presenti in discoteca con ampie scollature e vestiti firmati con generoso spacco laterale, per farvi la reginetta di chi e di cosa non si comprende.

O meglio si comprende perfettamente che Ruby sul furto e su quanto altro ne è seguito, ha compreso che può farci carriera e divenire famosa.

Ruby è precoce, quindi, ha ben compreso la differenza che passa fra la barbarie islamica che il furto lo punisce ancora, e la civiltà cristiana dove il ladrocinio è lo sport nazionale e, spesso, serve per farsi notare ed ammirare.

Finiti i tempi oscuri in cui chi rubava, una volta scoperto, si vergognava circondato dalla riprovazione sociale, oggi una come Ruby se ne può vantare, sicura di non andare incontro a critiche e a sanzioni penali.

Figurarsi, in un Paese in cui i minori di anni 18 possono ammazza re e stuprare senza farsi un giorno di galera perché vengono subito posti alla messe in prova in una comunità dove hanno il solo compito di svolgere lavori leggeri (per carità, leggeri), cosa faranno mai a Ruby per aver rubato solo tremila miseri euro? Le vieteranno per tre giorni di andare in discoteca.

E’ anche giusto così. I condannati per mafia sono senatori, gli inquisiti per camorra sottosegretari, gli imputati per corruzione presidenti del Consiglio, i prostituti deputati, le prostitute sono contese nelle trasmissioni televisive, non si può infierire su una piccola ladra.

Si parla sempre del malessere italiano, sul piano sociale e politico, ma nessuno riesce ad individuarlo nello smarrimento del senso morale.

Come potrà mai risollevarsi un paese quando ad un topo di fogna, Renato Vallanzasca, si fa un film dal romantico titolo de “Il fiore del male”, ci si vanta in televisione delle scarcerazioni di Pietro Maso che ha ammazzato padre e madre, di Marco Furlan che è stato il primo serial killer italiano con 15 morti ammazzati e ha fatto in tutto 17 anni di galera?

Pochi esempi sui tantissimi che se ne potrebbero portare, per di re che, lentamente, un poco alla volta, si convincono gli italiani che il male non esiste, sostituito dall’ “errore” che tutti possono commettere e che, per questa ragione, deve essere compreso e sanzionato in modo ragionevole perché chi lo commette deve avere la seconda opportunità e rientrare nella società civile dove potrà rifarsi una vita.

Come si fa a negare a uno come Furlan che ha fatto 15 omicidi la possibilità di uscire dal carcere, trovarsi un lavoro, fidanzarsi e godersi la vita e la fidanzata?

Mica siamo barbari!

Se questo è il giusto trattamento di un serial killer, possiamo la sciare in libertà, anzi in Parlamento, chi intrallazza con mafia, camorra e n’drangheta, mandare a piede libero chi ammazza con la macchina perché ubriaco e drogato, e così via rapinando, ammazzando, stuprando, spacciando e rubando.

La marocchina Ruby ha compreso come vanno le cose in Italia, quindi c’è da esserle grati se ha scelto, per diventare famosa, di fare solo un modesto furto invece di ammazzare qualcuno, tanto per lei sarebbe cambiato poco o niente.

Un dirigente iraniano, commentando la difesa di Sakineh, la donna condannata a morte per aver ucciso il marito in concorso con due amanti, da parte del governo italiano, ha commentato: “Noi siamo dalla parte delle vittime, voi da quella dei killer”.

Difficile dargli torto, anzi impossibile se pensiamo che Valerio Fioravanti e Francesca Mambro con 96 morti ammazzati sulla coscienza hanno fatto meno di venti anni di carcere e sono in prima linea per l’abolizione della pena di morte nel mondo.

Certo, i loro appelli non li possono sottoscrivere i 96 italiani, uomini, donne e bambini, che loro hanno ucciso, ma questo è dettaglio che non interessa a politici e giornalisti.

Il male italiano è, principalmente, in questo svanire del senso morale che si traduce, in pratica, nel venire meno del senso di giustizia e di equità.

Dare ad ognuno il suo, in questa Italia, significa fare il funerale a chi è stato ucciso e dare il permesso premio a chi l’ha ammazzato.

E’ il caso di rivedere i meccanismi, di correggere la rotta, di dare a chi merita e di togliere a chi demerita, di incoraggiare gli onesti e di punire i disonesti, di riscoprire cioè che esiste una linea divisoria che separa nettamente il bene dal male sia nella coscienza degli uomini che nella società.

E’ venuto il momento di riscoprire il valore di una parola affascinante e terribile: Giustizia.

Vincenzo

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Il caso Ruby, la diciassettenne marocchina per la quale si è mosso il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi telefonando in Questura, a Milano, per ottenerne il rilascio dopo che era stata fermata per furto, tiene banco nelle sedi politiche e sui giornali per mere ragioni strumentali.

Perché non crediamo alla sincerità dei politici e dei giornalisti quando affrontano il caso di Ruby?

Per la semplice ragione che per noi lo scandalo non risiede nel fatto che abbia partecipato a una o più

feste nella villa di Silvio Berlusconi, quanto nell’abbandono in cui la ragazza viveva per colpa degli organismi preposti a vigilare sui minori.

Come ha fatto Ruby a partecipare, all’età di 16 anni, ad un concorso di bellezza, sfilando un costume da bagno sotto lo sguardo non certo paterno di tanti “intenditori”? Chi e quando ha indotto una ragazzina a scoprire che il suo corpo poteva servirle per fare soldi e carriera nel mondo dello spettacolo?

Nessuno si è preoccupato di impedire che Ruby venisse avviata sulla strada della prostituzione. Non i Tribunali dei minori, non i servizi sociali, non i “preti di frontiera”, non i giornalisti che periodicamente producono struggenti documentari sullo sfruttamento sessuale dei minori…in Cambogia e in Congo.

In Italia no, non se ne parla, non si fanno inchieste, non si grida allo scandalo per una baby-prostituta, ma solo perché ha partecipato ad una festa nella villa di Silvio Berlusconi.

Non ci va bene. Noi ci chiediamo chi protegge le Ruby d’Italia, chi le difende dalle sordide mire di chi cerca “carne fresca” da usare e piazzare, poi, sul mercato.

Il caso Ruby conferma che, in questo Paese, non esiste la tutela dei minori, ma solo l’ipocrita pretesa di essere all’avanguardia nella loro difesa imponendo, ad esempio, di coprire il viso dei minori che, per una ragione o per l’altra, finiscono sui giornali e sui telegiornali.

Abbiamo così potuto assistere alla tristissima e grottesca, insieme, visione in Tv delle immagini di Ruby che sfila, a sedici anni, seminuda ad un concorso di bellezza ma con il viso rigorosamente coperto.

Ascoltiamo, in questo modo, increduli una graziosa presentatrice televisiva annunciare, alle ore 23.45 la messa in onda di un film con la raccomandazione, “in caso di visione da parte dei bambini” della presenza dei genitori.

Ma i bambini, alle 23.45, non dovrebbero già essere a letto da un pezzo a dormire il sonno degli innocenti?

Cosa dobbiamo intendere per tutela dei minori, che questi ultimi hanno solo diritti, da quello di stare alzati la notte a vedersi i programmi televisivi, a quelli di ubriacarsi, drogarsi, fare sesso e prostituirsi?

Non sono questi i diritti che riconosciamo ai minori, che vengono ritenuti tali solo da quanti hanno rinunciato ad esercitare i loro doveri di adulti che hanno il compito di vigilare sui minori perché la loro infanzia e la loro adolescenza non si trasformino in incubi dai quali, spesso non riusciranno più ad uscire.

Il caso Ruby è un episodio di cui si dovrebbe vergognare l’intera società italiana, che dovrebbe essere preso ad esempio per rivedere le norme di tutela dei minori a cominciare dal divieto di far sfilare ragazzine, in costume da bagno, ai concorsi di bellezza perché possono attendere, se ne hanno voglia, fino ai 18 anni, sottraendole all’attenzione interessata di quanti, maschi, ritengono di poterne fare le partner per festini o meno.

Nessuno ha posto in rilievo, in questo caso, la totale integrazione di Ruby nel mondo occidentale, in quella che ancora hanno la faccia tosta di chiamare “civiltà occidentale”. Eppure Ruby è un marocchina di fede islamica, che ha buttato alle ortiche il Corano ed i vestiti per fare carriera nel mondo dello spettacolo dove non valgono le qualità artistiche ma quella di fare “buga buga” con chi può favorirla salvo, magari, ritrovarsi a fare la escort di lusso sino a quando il fisico lo consente.

E per restare in tema di “civiltà”, è di ieri l’episodio di un maresciallo dei carabinieri che uccide la figlia di 13 anni, cerca di uccidere quella di 15 anni e, infine, si ammazza, per un diverbio sull’uso di Facebook.

E’ vero, ci sono stati episodi in cui qualche pakistano ha ucciso la figlia che voleva andare a vivere con il “ragazzo”, e tutti ne hanno parlato come prova della barbarie islamica contro le donne, ma nessuno di loro ha mai ammazzato una figlia e tentato di ammazzare la seconda per Internet.

Non è un caso di squilibrio mentale. E’ la conseguenza tragica dell’impossibilità per un genitore di imporre la propria autorità ai figli.

Il maresciallo sapeva, anche per via del suo lavoro, che non aveva la possibilità, perché vietata dalla legge, di punire le figlie, chiudendole a case, dando loro uno schiaffo o, Dio non voglia, una bella sculacciata.

Ed esasperato dalla sua impotenza, incapace di imporre le sue ragioni, impossibilità di esercitare la sua autorità di padre, alla fine ha estratto la pistola e ha sparato sulle figlie “ribelli”, una di tredici e l’altra di quindici anni.

La maggior parte dei genitori si rassegnano a vedere i figli drogarsi, ubriacarsi, fare sesso, prostituirsi, se non quando se ne rendono complici, perché la loro figura ed il ruolo sono stati cancellati e sostituiti con quelli dell’ “amico” e dell’ “amica” dei figli.

Altri, viceversa, reagiscono con asprezza, a volta in modo estremo.

Non si può morire così a tredici anni, uccisa dal padre per Internet.

La tutela dei minori passa anche dal riconoscimento dell’autorità
e dell’autorevolezza dei genitori, i primi educatori dei figli, quelli che con amore li conducono per mano fino alla maggiore età, non amici né complici né spettatori passivi di quello che di sbagliato fanno i figli.

Genitori reintegrati nella dignità del loro ruolo, nella pienezza delle loro funzioni, anche sotto il profilo disciplinare, da perseguire e mandare in galera se fanno del male ai figli, ma liberi di usare la loro autorità, nei limiti del lecito e del giusto.

I genitori di Ruby si sono rassegnati dinanzi alla figlia ribelle, perché consapevoli che nella società italiana per loro non c’era altro posto che la galera se avessero preteso di imporre la loro autorità, ed oggi hanno figlia prostituta.

II maresciallo dei carabinieri non ha trovato altra soluzione che sparare sulle figlie ribelli e poi uccidersi a sua volta.

Sono due esempi della barbarie in cui è piombata una società, un tempo,civile.

Se si vuole costruire un futuro, dobbiamo allora guardare al passato, perché tutto rientri nell’ordine naturale delle cose, dove i genitori solo coloro che guidano e comandano, ed i figli quelli che seguono ed obbediscono.

Vincenzo

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