Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘asilo nido’

 

 

Sempre più spesso emergono episodi di violenza gratuita su bambini ospiti negli asili nido.

Non ci prestiamo al gioco al massacro della stampa che subito li ribattezza “asili dell’orrore”, perché l’orrore non c’è, sostituito dall’indignazione verso comportamenti che non possono trovare, per l’età delle vittime, alcuna giustificazione.

Non si strattonano i bambini, non si percuotono, non si prendono a schiaffi perché nella loro tenerissima età è delittuoso usare violenza che non serve ad educare perché non comprendono le ragioni per la quale la subiscono.

Non riusciamo a. comprendere come si possa colpire, anche senza eccedere, bambini di pochi mesi o di qualche anno di età la cui vista può solo ispirare tenerezza e smorzare ogni ira.

Dobbiamo chiederci cosa accade a donne in apparenza normalissime, quando vengono colte da raptus di violenza che non sono in grado di controllare. Odio per i bambini? Pensiamo che si possa escludere tale ipotesi.

Problemi familiari, depressioni, rigetto del lavoro che fanno, non tale da generare soddisfazione ma, viceversa, frustrazioni di ogni genere?

Le cause possono essere molteplici, variare da individuo ad individuo, ma hanno poco valore se raffrontate alle conseguenze che derivano dalla violenza con la quale si manifestano.

Nessun bambino ha riportato lesioni, perché la violenza è comunque contenuta, rapportata all’età delle vittime, ma è proprio necessario far sperimentare a bambini in così tenerissima età la malvagità e le brutture della vita?

E’ un’età, la loro, in cui dovrebbe essere cullati nella illusione che la vita è dolcezza, bontà, carezze, è quel sogno che nessuno è mai è riuscito a tradurre in realtà per gli uomini.

Quel Paradiso dove il bambino è circondato da angeli che ridono quando lui ride, che lo consolano quando piange, che lo stringono fra le braccia, che lo vegliano quando dorme.

La colpa, vera di queste donne e della loro violenza è proprio quella di far conoscere anzitempo ai bambini il dolore procurato da altri, la paura, l’ansia, la comprensione che l’Eden non esiste, che alle loro braccine tese per ricevere un bacio ed un abbraccio si può rispondere con uno schiaffo che fa male, fuori e dentro.

Non si uccidono i sogni dei bambini. Magari è proprio questa riflessione che andrebbe indotta, non solo negli asili nido, in chi si occupa di infanzia, quelle che vede i nostri bambini vivere la loro favola che noi adulti sappiamo quanto breve essa sia.

Lasciamo che vivano nella loro fiaba dove la luce del giorno è sempre dorata, la mamma è bella, papà è forte, gli adulti sono angeli magari stravaganti ma tanto, tanto buoni.

Vogliamo fare in modo che fino a 3 anni di età, i nostri figli credano alla bellezza della vita ed alla bontà degli uomini?

Insieme a tutti gli insegnamenti sulla crescita del bambino, l’alimentazione, i pannolini ed i pannoloni, che sono necessari per dare benessere ai tenerissimi infanti, sarà forse il caso di impartirne un altro, quello che permetta di ripercorrere la via dei sogni che, ogni adulto ha fatto da bambino.

Riscoprire i propri sogni infantili e ricordare quanta amarezza e quanto dolore è costato vederli andare in frantumi, un poco per volta, può addolcire l’animo dell’adulto, fermare il braccio che sta per colpire, perché comprenda il delitto che sta per compiere e non vorrà che in quegli occhi che ancora lo guardano con fiducia e serenità appaia dopo la paura, il sintomo inequivocabile del sogno spezzato.

E non c’è norma del codice penale che preveda la punizione di questo delitto.

Prevediamola. Accanto ai delitti contro i beni, la morale, la persona, inseriamo quello contro il sogni dei bambini e della loro innocenza, da punire senza indulgenza.

Forse, il mondo potrà fare un passo avanti sulla via della civiltà.

Vincenzo

Read Full Post »

Qualche giornalista italiano ironizza sulla proposta presentata, in Gran Bretagna, dal parlamentare laburista, Graham Allen, di iniziare la preparazione scolastica dei ragazzi fin dall’asilo nido.
Secondo il parlamentare, gli asili nido rientrano nella scuola dell’obbligo “perché lo sviluppo educativo inizia con il parto, non 5 anni più tardi”, quando i bambini iniziano a frequentare le scuole.
A differenza dei giornalisti italiani, non ironizziamo su questa proposta che scopre una realtà che, viceversa, abbiamo sempre affermato, non circoscritta all’apprendimento dell’alfabeto e del far di conto da parte dei piccolissimi, sulla necessità di considerare gli asili nido come scuole a tutti gli effetti, e non parcheggi per bambini le cui madri lavorano o hanno altri impegni che non accudirli.
Una scuola che inizia con la nascita del bambino non è una fantasia, è una realtà viva e concreta perché cosa fanno di diverso gli adulti che accudiscono un bambino in tenerissima età, se non insegnarli, con la necessaria gradualità, i primi rudimenti del vivere in società.
Il bambino, fin dal primo vagito, è un essere pensante, che osserva quanto lo circonda, che apprende a riconoscere chi gli è vicino, che via via allarga il suo campo di osservazione fino a comprendere anche il modo di vivere insieme agli altri, a riconoscere gli oggetti, ad apprendere il loro diverso utilizzo, e così via.
Per il vero, quando un bambino inizia a parlare potrebbe, non solo teoricamente, apprendere a scrivere e a far di conto, perché ne ha la capacità solo che si trovino adulti capaci di condurre bambini di un anno o poco più sulla via dell’istruzione scolastica di base.
Quanti vantaggi potrebbero esserci per i bambini se, divertendosi, potrebbero apprendere a descrivere e a scrivere gli oggetti che sono sotto i loro occhi, a dare un nome non solo orale ai genitori, ai parenti, ai loro amichetti, stimolando la loro curiosità
Ci sono scimpanzè e perfino cani in grado di individuare le lettere dell’alfabeto e, i primi, perfino a comporre parole complete. Perché mai non dovrebbero essere capaci di farlo bambini da un anno in su?
A parte questo, interessa il principio del riconoscimento dell’asilo nido come prima scuola dell’obbligo, dove tutti i bambini dovrebbero essere portati a spese dello Stato, perché apprendano i rudimenti essenziali del vivere civile.
La pretesa che le educatrici dell’asilo nido siano, per convenzione, considerate alla stregua di bambinaie specializzate deve finire perché non è vero.
Le educatrici degli asili nido assolvono un compito che spesso le vede educare i bambini a loro affidati e, contestualmente, impartire ai loro genitori nozioni utili sul come crescerli.
E’ all’asilo nido, se le educatrici sono all’altezza del loro compito, che i bambini iniziano a socializzare con i loro simili e con persone estranee al loro ambito familiare.
E’ sempre all’asilo nido che iniziano ad acquisire autonomia, a mangiare in modo corretto, ad agire con criterio e con una certa disciplina basata sull’affetto delle educatrici e sull’emulazione dei comportamenti.
Non è, quindi, fuori luogo considerare anche la possibilità di insegnare ai bambini nell’asilo nido a riconoscere le lettere e a comporre le prime semplici parole, come “mamma, papà, cane, ecc.” in modo che si appassionino allo “scrivere” e al leggere andando avanti, con la necessaria gradualità, fino a giungere all’età di cinque anni con la capacità di leggere, scrivere e far di conto.
Sarebbe auspicabile che qualche parlamentare italiano si prendesse la briga di imitare il suo collega britannico e di proporre una riforma del sistema scolastico che comprende anche l’asilo nido fra quelle dell’obbligo, rendendolo accessibile a tutti e riqualificando professionalmente il personale che già svolge funzioni educative e docenti.
I bambini ci guardano e da noi apprendono tutto senza attendere che siano gli adulti, nella loro presunzione, a decidere cosa possano e debbano fare e a che età debbano iniziare un scuola che, in effetti, inizia fin dal primo vagito.
Prendiamone atto, una volta per sempre.

Vincenzo

Read Full Post »

In questa Italia tormentata e sempre più impoverita, dove i bambini servono per vendere prodotti e fanno notizia solo se maltrattati, violentati ed uccisi, poco si fa per il loro benessere.

Gli asili nido non sono argomento corrente nei telegiornali e sui quotidiani, sempre che la violenza di alcuni non li trasformi in luoghi orrore.

Eppure, gli asili nido rappresentano, nella generalità dei casi, un mondo lindo, sereno, accogliente dove la professionalità delle donne, spesso giovani e giovanissime, rende felici i bambini che vi sono accolti e soddisfa le esigenze dei loro genitori.

Perché non parlare di questi luoghi dove l’unico fine è il benessere dei bambini e delle bambine che hanno con le loro educatrici il loro primo approccio con il mondo esterno, dove imparano a socializzare con i loro piccolissimi coetanei, dove provano per la prima volta la tristezza dell’allontanamento dalla mamma, al quale rimedia l’affetto delle operatrici che si accompagna ad una elevata professionalità?

E’ difficile, forse impossibile, trovare difetti in questi asili nido dove tutto è studiato, fin nei minimi dettagli, per fare stare bene i piccoli ospiti che giocano, mangiano, riposano, sono accuditi con delicatezza, attenzione e scrupolo.

Un mondo che sembra da favola, piccole oasi felici in un mondo nel quale diviene sempre più difficile vivere. Eppure, il difetto cè: sono troppi pochi e troppo costosi per la maggior parte dei cittadini italiani che non hanno la possibilità di pagare le onerose rette che vengono richieste, necessariamente richieste perché la dualità del servizio le rende inevitabilmente elevate.

Non è la prima volta che lamentiamo il disinteresse delle autorità preposte alla creazione di nuovi asili nido, all’assunzione di nuove educatrici, alla loro preparazione professionale, ma l’argomento merita, per la sua importanza, di essere ripreso e reiterato affinché un numero sempre maggiore di persone si renda conto che non può essere ignorato perché sono migliaia le famiglie che ne hanno bisogno e i bambini che hanno il diritto di potervi accedere, a prescindere dalle condizioni finanziarie dei genitori.

Le iniziative che si susseguono per supplire a questa mancanza – l’ultima trovata è quella degli asili in famiglia – non riescono a fare altro che denunciare l’assenza dello Stato, delle Regioni e degli enti locali in un settore che è vitale per la serenità dei bambini e delle loro famiglie.

Si stenta a credere che governi capaci di spendere miliardi, tanti miliardi, per sostenere la politica estera della potenza egemone inviando i nostri militare a combattere – e spesso a morire- in terre lontane non trovi i mezzi finanziari per occuparsi dei nostri figli, per costruire nuovi asili nido, per renderli accessibili ad una numero sempre maggiore di famiglie italiane.

Tacere non è un errore, è una colpa specie quando si conosce la realtà di quante lavorano negli asili nido, di quante insieme alla professionalità ci profondono la passione e l’amore per i bambini e per il loro lavoro.

Bisogna, quindi, parlare, perorare, insistere, protestare a voce alta per chiedere il riconoscimento di un diritto ed anche per far conoscere la realtà di un mondo che non somiglia a quello di gratuita ed insensata violenza che ci presenta la televisione enfatizzando un episodio per oscurare tutti gli sforzi fatti da quante fanno, con personale sacrificio, degli asili nido un vanto della Nazione.

Bisogna conoscere Francesca e le altre per comprendere che esiste
un mondo- dove l’infanzia non è violata, maltrattata, vessata, dove
tutto è luce, affetto e amore. .

E con Francesca e le altre, per Francesca e le altre, che si ponga attenzione ai problemi dell’infanzia più indifesa, quella dei piccolissimi che ancora non sanno nemmeno parlare, che esprimono i bisogni, le necessità, i sentimenti e le emozioni con lo sguardo, la mimica facciale, l’agitarsi delle manine, il pianto o il riso.

Dimenticarsi di loro non si può, non si deve, perché rappresentano quel pochissimo di bene e di bello che ci è rimasto, di utile in un mondo in cui si pone l’accento su quanto è inutile e, spesso, perfino dannoso.

Vogliamo il bene per i nostri bambini, per un numero sempre maggiore di piccolissimi il cui ingresso nel mondo sia salutato e guidato da Francesca e le altre.

Ed insisteremo fino ad ottenerlo.

Vincenzo

Read Full Post »

La riflessione sulla questione educativa è senza dubbio l’espressione più lampante di una società che confida e investe nel proprio futuro e, al tempo stesso, che si impegna a riconoscere il bambino come portatore di “risorse vitali”.

Ma i diritti sulla carta e non praticati non ci rendono di certo migliori agli occhi dei bambini, né tanto meno ci aiutano a intraprendere un cammino già di per sé complesso ed articolato.

Come già detto, è innegabile la necessità che gli adulti si assumano le dovute responsabilità, assicurando ad ogni bambino di “trovare il proprio posto”, nella vita e nel mondo.

Da questo presupposto nasce la discussione, sfortunatamente (o fortunatamente), ancora aperta sull’asilo nido, visto come servizio all’infanzia.

Dopo il 1971, con la creazione degli asili nido (legge 1044), lo Stato ha fatto veramente poco (ricomparendo di tanto in tanto ad esempio negli ultimi anni con la finanziaria del 2002 e poi del 2007).

La latitanza dello Stato non è di certo passata inosservata soprattutto da chi vive quotidianamente queste realtà ( chi più, chi meno) e da tutti quelli che auspicano con urgenza la necessità di una politica nazionale, dove gli asili nido siano finalmente sotto il (solo) controllo del Ministro dell’Istruzione. Invece dell’asilo nido, per varie ragioni, se ne occupano un po’ tutti con il risultato di una visione sempre e comunque parziale che non potrà mai portare ad una cambiamento culturale nei confronti di questo servizio.

Al contrario se vi fosse un organo statale, ben definito, che si assumesse la responsabilità di coordinare questo servizio, si potrebbe attuare un intervento diretto e capillare, evitando così disparità di gestione (anche tra nord e sud).

Ma non solo. Parlare di asilo nido non significa solamente rispondere ad una richiesta di posti ma garantire efficienza in termini qualitativi. Quello che però a livello nazionale non avviene!

Si pensi ad esempio al “Piano Nidi” (2007) in cui non si fa nessun accenno o allusione alla questione qualitativa, ma si parla solamente di stanziamenti per creare nuovi posti.

Indispensabile sarebbe invece portare allo stesso livello tutti i servizi presenti sul territorio, attraverso leggi che stabiliscano in modo rigoroso ed esauriente quali debbano essere i criteri essenziali dell’asilo nido.

E’ pur vero infatti che la mancanza di una legislazione nazionale ha permesso una buona gestione dell’asilo nido a livello regionale e locale (nelle zone dove l’educazione è fortemente sentita) ma è anche vero che in alcune regioni questa mancanza ha giustificato, e ancora giustifica, realtà poco efficienti e improntate sul “fare quello che si può”.

Non si parla solo di creare servizi laddove non esistono, ma di sostenere e non abbandonare quelli già esistenti.

Lo Stato è pertanto chiamato a finanziare gli asili nido (mettendo a disposizione strumenti economici e politici) intervenendo sui costi di gestione, aiutando la famiglia a sostenere la spesa per il servizio, ma al contempo fornendo linee guida comuni all’interno delle varie realtà.

Una proposta di questo genere è di certo dispendiosa, di difficile attuazione (anche per quanto riguarda i tempi necessari) e faticosa, tuttavia è una proposta che deve essere quanto prima presa in considerazione. Altrimenti continueremo semplicemente a dolerci per gli obbiettivi di Lisbona che non riusciremo a raggiungere, “regalando al vento” (ancora una volta?) l’educazione del bambino, il nostro e il suo futuro, costretti, per forza di cose, a dover chiudere un occhio. A volte tutti e due.

Read Full Post »

Da molti anni abbiamo modo di assistere, con frequenza quotidiana, ad una campagna propagandistica a favore dell’infanzia, dei bambini e degli adolescenti.

I risultati li conosciamo: bambini come merce,soli più che mai all’interno difamiglie impegnate a tirare avanti come possono, adolescenti travolti dalla droga, dall’alcool, dal sesso, vittime e carnefici insieme.

La classe politica, nel suo insieme, cerca di dimostrare quanto abbia a cuore i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, affidandosi per convincerci al lavaggio del cervello praticato dai mezzi di comunicazione di massa stampati e televisivi.

Ma è lecito chiedersi se, effettivamente, questa classe dirigente faccia qualcosa per i nostri ragazzi, a partire dai più deboli, dai più indifesi, dai bambini in tenerissima età.

La risposta è data dall’indifferenza verso l’ampliamento degli asili nido.

Si ritiene che l’asilo nido sia esclusivamente un luogo dove parcheggiare i piccolissimi per dare modo alle mamme di lavorare, di produrre e di consumare.

E’ una logica da supermercato. Accudisco il pupo così puoi fare la spesa nel mio negozio e spendere più che puoi, senza essere infastidita dalla presenza di tuo figlio.

Cosa dovrebbe, viceversa, rappresentare l’asilo nido? A nostro avviso, dovrebbe essere considerato il primo istituto scolastico, il primo passo verso l’istruzione e l’educazione pubblica che in ogni Stato che si rispetti si accompagna a quelle private, familiari.

Negli asili nido, i bambini in tenerissima età vengono accuditi amorevolmente, sfamati, lavati, indotti a giocare. Ma cos’è il gioco se non la prima e primordiale forma d’istruzione?

I bambini apprendono con il gioco, e gli adulti consapevoli li inducono a scegliere quei giochi che possono stimolare la loro conoscenza del mondo circostante, la loro fantasia, creatività,presa di coscienza di sé.

Il gioco è, pertanto, il modo iniziale per introdursi nella vita e conoscere gli altri, un modo quindi di apprendere e socializzare che non può essere ignorato,negletto quasi fosse solo un passatempo in attesa chela mamma finisca di lavorare e passi a riprendersi
il figlio.

Bisogna, necessariamente, modificare il punto di vista sugli asili nido, non luoghi di parcheggio, ma istituti scolastici a tutti gli effetti, dove lavora: un personale specializzato e preparato per introdurre il bambino nel mondo e nella vita.

Oggi, ad occuparsi degli asili nido, della loro costruzione, del loro funzionamento sono in tanti fra Regioni, enti locali, privati, tutti concentrati sulla necessità di trovare un posto per consentire alle mamme di lavorare.

E’ logica del canile, sia pure detto con brutalità, che ospita i cagnolini quando i padroni devono andare in ferie.

I nostri bambini meritano, però, ben altra considerazione, ben diverso rispetto e, con loro, anche le madri.

A questa logica aberrante del canile per cuccioli d’uomo, aggiungiamo quella dello sfruttamento perchè gli asili nido costano, le rette sono tali che la grande maggioranza delle mamme non si possono permettere di pagare rette che giungono a toccare le 800-1000 euro mensili.

Si crea una discriminazione sociale, per cui i ricchi possono mandare i figli all’asilo nido anche se le mamme non lavorano (perchè non ne hanno bisogno) ma vogliono essere libere di andare al centro estetico, a fare shopping o passare ore piacevoli con le amiche, mentre le impiegate e le operaie devono affidare i figli ai parenti o alle vicine di casa.

Tutto questo non è accettabile.

L’ approccio con il problema dell’asilo nido deve essere radicalmente modificato anche perchè esso incide in modo significativo sulla crescita della popolazione, investe cioè il problema demografico di un popolo che lentamente si avvia all’estinzione perchè le famiglie, prime le donne, non vogliono e non possono fare più figli, perchè non hanno i soldi per mantenerli in maniera adeguata, né il tempo per accudirli ed educarli, obbligate come sono a lavorare per sopravvivere.

Viviamo quella che è la dissoluzione dello Stato, fra spinte scissionistiche e volontà di privatizzare tutto quello che, viceversa, ricade nella responsabilità e nei doveri dello Stato.

Non si può appaltare l’educazione e l’istruzione dei nostri figli alla buona volontà di consigli regionali e comunali o alla sensibilità di quanti pongono il profitto al di sopra di tutto e vedono nei bambini un mezzo di mero guadagno.

Anche se questa è l’epoca triste di un tramonto del senso di appartenenza ad un popolo ed a una Nazione, dobbiamo esigere che lo Stato ancora formalmente esistente si faccia carico della costruzione degli asili nido, della preparazione del personale, della loro distribuzione nell’intero territorio nazionale.

Dobbiamo pretendere, pertanto, che si faccia carico degli asili nido il ministero dell’Istruzione, che rimane quello della Pubblica istruzione con buona pace di quanti vorrebbero trasformare le nostre scuole in convitti da affidare a sacerdoti e suore che sono apprezzabili, certamente, per la loro capacità di insegnamento, anche sotto il profilo disciplinare, ma non sono dipendenti dello Stato italiano al quale ancora tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado fanno capo.

Riconoscere agli asili nido la dignità e la funzione di “prima scuola” risolverebbe il problema delle competenze, dei costi per le famiglie facendo cessare ogni discriminazione sociale e di classe, dell’assunzione del personale, della costruzione, a quel punto obbligatoria, di asili nido secondo le necessità della popolazione residente.

Chiedere consenso, solidarietà e partecipazione ad una iniziativa di massa che obblighi i governi, questo e quelli che seguiranno, a intraprendere questa strada per la soluzione del problema dell’infanzia è quanto facciamo, senza alcuna discriminazione politica perchè l’esigenza che qui prospettiamo non scaturisce da volontà polemica nei confronti di questo o quello schieramento politico ed ideologico, ma risponde ad un’ esigenza non più rinviabile nel tempo che interessa centinaia di migliaia di famiglie italiane.

Poniamo il problema, e non ci fermeremo qui perchè il rispetto per i bambini e le loro famiglie ci impone di continuare a farlo presente fino ad ottenere quei risultati che la necessità richiede.

Vincenzo

Read Full Post »

In questi ultimi anni, anche in Italia sta prendendo piede in campo educativo una nuova figura: la “mamma di giorno” (Tagesmutter).

L’esperienza, partita dal nord d’Europa, è approdata anche in Italia, in primis in Trentino a seguire in Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia,…

Una riflessione immediata scaturisce dall’errato impiego di termini per presentare questa “nuova” realtà: parole come “diritti dei bambini”, “bisogni”, “educazione”, “collocazione ( e ricollocazione) della donna nel mondo del lavoro” non sembrano certamente rispecchiare il reale valore educativo di questa forma di cura.

Per diventare una Tagesmutter bisogna solitamente essere socia di una cooperativa, la stessa andrà a formare la nuova figura e svolgere i controlli. Secondo quali parametri? Quali programmi educativi? E’ lecito pensare ad un conflitto d’interessi?

Per diventare una Tagesmutter non è richiesto nessun titolo di studio specifico, si fa semplicemente riferimento alla vocazione di stare con i bambini.

Elena Gianini Belotti, pedagogista italiana, era stata molto illuminante quando parlando della “vocazione” sosteneva che lo spirito di sacrificio può essere molto sospetto. Si chiedeva come una persona sana di mente potesse scegliere di sacrificarsi spontaneamente, non solo in un particolare momento della sua vita, ma quotidianamente, per diverse ore al giorno, per lunghi anni.

La stessa Belotti riteneva invece che questa professione, come le altre (in modo particolare quelle che si occupano della persona), andrebbe scelta perché piace, soddisfa, rende felici, arricchisce chi la professa, pertanto non bisognerebbe considerare la vocazione come prima (e a volte) unica motivazione nella scelta di questo lavoro (anche se in alcuni momenti naturalmente è plausibile appellarsi allo spirito di sacrificio).

La Tagesmutter segue un corso di formazione di circa 200 ore e successivamente partecipa a momenti di formazione e coordinamento con il supporto di altre figure (coordinatrice, pedagogista, psicologa…). Tutte le figure sono formate all’interno della cooperativa con gli stessi insegnamenti e principi, senza parametri più generali e confrontabili con tutte le altre strutture che si occupano di cura dell’infanzia. Si crea dunque un “sistema chiuso” in cui non vi è confronto e quindi crescita.

Alcune cooperative vogliono “arrivare alla copertura 24 ore su 24” permettendo alla famiglia di usufruire solo nei momenti in cui ha bisogno, non consentendo così al bambino di metabolizzare quella continuità fondamentale di dare un ritmo e un tempo, indispensabile per il consolidamento di riti vitali.

Rifacendosi “ai bei tempi andati” si affidano i bambini alla “vicina di casa affettuosa e disponibile” (tutti hanno la fortuna di avere una vicina di casa affettuosa e disponibile?). Ma non credo proprio che le Tagesmutter si trovino fuori ad ogni porta, magari per arrivare a questa “vicina di casa” bisogna attraversare tutta la città, con il risultato che vengano a mancare dei punti di forza di questa realtà, cioè la comodità e la familiarità, dal momento che, all’inizio, la Tagesmutter è alla stessa stregua di qualsiasi maestra o educatrice.

Infine mi domando come si riesca ad assumere al tempo stesso due ruoli diversi quello di mamma e quello di “tata”. La mamma dovrà nel medesimo spazio e tempo educare suo figlio e quelli di altri. Ma come si comporterà con questi bambini con i quali emotivamente per natura è legata in maniera diversa? Comportarsi allo stesso modo mi sembra impossibile al di là della buona volontà della mamma. Si corre poi il rischio che, appellandosi all’ “imparzialità”, si vada a “darla sempre vinta” agli altri bambini e non al proprio, anche nelle situazioni nelle quali la bilancia pende a favore del figlio. Mi domando anche come si possano sentire questi piccoli vedendo la propria mamma andare al lavoro e non capire per quale sfortuna non possa rimanergli accanto, come la mamma in questione.

Penso che sia straziante sentire tutto il giorno un bambino chiamare “Mamma”e sentire che questa gli risponde per la semplice ragione che è presente! Mentre gli altri bambini non possono fare lo stesso dal momento che la loro mamma è al lavoro. Per quanto questa “mamma-tata” sia dolce e sensibile, non sarà mai la propria mamma!

Al nido nei giorni in cui il saluto del mattino è stato faticoso, lasciare la mamma, basta solo ascoltare questa parola: «Mamma!» detta da altri bambini o dalle educatrici che gli occhi si sgranano e si riempiono di lacrime…perché è una parola carica affettivamente, figuriamoci avere davanti agli occhi una mamma in carne ed ossa che non è la propria!

Stiamo parlando di bambini molto piccoli che fanno fatica a capire (avviene anche al nido) che una mamma può fare la maestra e lavorare. Per loro chi lavora, lo fa fuori dal nido e non riescono a capire per quale motivo la propria mamma non possa restare e fare la “tata”come fa la mamma del suo amichetto. Già è difficile far capire al proprio bambino di accettare una situazione che lui non ha voluto minimamente, figuriamoci spiegargli pure che la mamma deve andare al lavoro e non ha neanche scelto di fare la tata! Se fossi un bambino di un anno dubiterei che mia mamma mi possa voler bene e avrei in testa una grande confusione.

La scarsità di strutture disponibili, le liste d’attesa, le rette che arrivano a costare quanto lo stipendio di un’operaia sono questioni che possono essere in parte risolte se i finanziamenti fossero stanziati per potenziare i servizi esistenti senza che vengano destinati a nuove e poco efficaci realtà.

La donna ha il diritto di trovare una degna collazione nel mondo del lavoro e non di avere un semplice palliativo che la pone anche in un ruolo difficile come quello della Tagesmutter. Dare la possibilità di lavorare significa dare i mezzi per creare le condizioni in cui la donna possa affidare il figlio ad un servizio competente e di fiducia, e di poter scegliere quale professione attuare. La donna che è costretta a tornare a lavorare deve avere una reale possibilità di farlo e non al contrario “un contentino” per chi, purtroppo, non può avere altra scelta.

Rispondere ai bisogni dei bambini e delle donne e destinare a entrambi uno spazio idoneo non può essere risolto mettendo due piedi in una scarpa, soprattutto quando il nodo centrale è ancora una volta l’educazione.

Rispondere ai bisogni dei bambini e delle mamme significa studiare e mettere in atto soluzioni diversificate dove, finalmente, sia il ruolo assunto dallo Stato il comun denominatore.

Read Full Post »